L'ex ministro rispondeva di attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario
Il verdetto 'storico' irrompe in un delicatissimo scenario politico. E mentre il M5S va all'attacco di Berlusconi, i vertici di FI annunciano una querela per Di Matteo. Ma i commenti provengono da tutto il mondo politico
Pene comprese tra 8 e 28 anni di carcere gli ex vertici del Ros Mori, Subranni e De Donno, l'ex senatore Dell'Utri, Massimo Ciancimino e i boss Bagarella e Cinà
Stamattina l'udienza per repliche e controrepliche davanti alla Corte d'assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto. Presente il senatore Nicola Macino accusato di falsa testimonianza
Il boss di Brancaccio confida all'amico Camorrista: "Umberto se io faccio questo processo e trovo l'avvocato giusto lo sai quante cose faccio uscire senza che io dica niente? Al signor Crasto gli faccio fare la mala vecchiaia..."
"Ha sempre trovato tempo per ricevermi e aveva manifestato un'apertura nei miei confronti", racconta il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo
"Lui si poteva muovere nel territorio italiano - ha osservato il figlio dell'ex sindaco di Palermo - e aveva potuto prendere la guida di Cosa nostra per fermare l'escalation di violenza che aveva avviato Riina"
A pochi giorni dal ventesimo anniversario del omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo avvenuto l'11 gennaio del 1996 per il quale Brusca fu condannato in quanto reo confesso
L'analisi che la Direzione Investigativa Antimafia inviò al ministro dell'Interno Nicola Mancino ad agosto del 1993 è il cuore della deposizione
Nel processo principale sono imputati boss come Riina e Bagarella, il pentito Giovanni Brusca, Massimo Ciancimino, ufficiali del Ros ed ex politici come Marcello Dell'Utri e Nicola Mancino, che risponde però di falsa testimonianza
Per l'omicidio del giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto, nel messinese, sono stati condannati il boss Giuseppe Gullotti, come mandante, e Giuseppe Merlino, come esecutore
"L'arteficiere non era di Cosa Nostra, quindi capimmo che dietro al piano c'erano soggetti estranei alla mafia, apparati dello Stato, come nelle stragi del '92", ha detto il pentito
Il pentito messinese dice di aver parlato soltanto adesso per paura ma racconta prevalentemente fatti appresi in carcere
L'ex ministro è imputato di minaccia a corpo politico dello Stato nel processo sulla cosiddetta "trattativa"
Non è un pentito l'uomo che ha rivelato un piano di Cosa nostra per uccidere il pm Nino Di Matteo, che rappresenta l'accusa nel processo Stato-mafia in corso a Palermo. A parlare è stato Vito Galatolo, figlio del boss dell'Acquasanta
Per il presidente della Repubblica le stragi mafiose del '93 "si susseguirono secondo una logica unica e incalzante per mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut aut"
In poco più di tre ore il capo dello Stato ha risposto alle domande dei giudici e degli avvocati sulle terribili vicende che scossero il Paese negli anni '92-'93
"La parola 'trattativa' - ha riferito un legale della difesa - non è mai stata usata". Il presidente della Repubblica "ha tenuto sostanzialmente a dire che lui era uno spettatore di questa vicenda", ha raccontato l'avvocato Luca Cianferoni, legale di Totò Riina
"Chiediamo oggi stesso alla Corte d'Appello di Palermo di rendere pubblici i costi della trasferta, in un'ottica di trasparenza nei confronti della collettività" dice il presidente Carlo Rienzi
Per il pubblico ministero "Non ci sono gli elementi per ritenere definitivamente superato il pericolo di un ritorno di strategia di violento attacco allo Stato"
Il presidente della Repubblica solo in qualche caso si è avvalso della facoltà di non rispondere, in base alle prerogative del Capo dello Stato. L'udienza si è svolta a porte chiuse
Per le prerogative costituzionali di cui gode il presidente della Repubblica, la sua deposizione "non può prescindere dalla disponibilità del capo dello Stato, di cui la corte non potrà che prendere atto"