Made in Italy. Un’etichetta di prestigio, a cui gli imprenditori di tutto il mondo guardano affascinati.
Un marchio che immediatamente fa viaggiare la nostra mente verso cibo, moda e artigianato, punte di diamante che noi italiani per primi non esitiamo di sfoggiare e sottolineare, ma che appartengono, in realtà, ad una visione piuttosto antiquata dell’economia dello stivale.
Dei 430 miliardi di euro di esportazioni del nostro Paese, solo 28 sono inerenti alla filiera alimentare e 37 al settore tessile: dati che parlano chiaro ed evidenziano come i nostri punti di forza si stiano sviluppando anche su altri fronti. E che sarebbe bene iniziare a promuovere, lasciando da parte stereotipi che ci contraddistinguono sì in tutto il mondo, ma rischiano anche di limitare le possibilità e le eccellenze di cui il nostro Paese è realmente capace.
E questo trascende anche i prodotti materiali, cui i numeri esposti in precedenza si riferiscono, arrivando fino al settore forse più importante del nostro presente, e certamente del nostro futuro.
L’industria tecnologica ricoprirà un ruolo fondamentale nei prossimi anni, fattore ben compreso da Confindustria Puglia che ha siglato una collaborazione tech tra il Politecnico di Bari e la Miami Scientific Italian Community. Il settore tecnologico pugliese si avvia verso una promozione oltreoceano, tramite la quale metterà a disposizione competenze e innovazioni che, dalla punta estrema dell’Italia, raggiungeranno uno dei continenti più avanzati a livello hi-tech.
Un’altra apprezzabile valorizzazione del settore tech Made in Italy è rappresentata da Big Casino, operatore di gaming di proprietà di un’azienda 100% italiana fondata nel 2007, che ha puntato su un’offerta di gioco prevalentemente nostrana. Sfoggia infatti una collaborazione duratura con una software house bolognese, il cui nome è un tributo a uno dei più grandi inventori italiani, Guglielmo Marconi, essendo denominata come il primo posto al mondo a ricevere un segnare radio wireless.
Il luogo comune che forse frena di più l’esaltazione del mondo digitale e hi-tech è la credenza che questi settori sottraggano lavoro alle persone. Un’idea che si rivela però sbagliata, secondo diversi studi condotti, che dimostrano anzi come l’informatica sia un propulsore per nuovi posti di lavoro, tanto che si prevede che nel 2030 la richiesta di lavoratori in settori tecnologici sarà anche più alta dell’offerta.
Un buon motivo per essere pronti e investire per trasformare l’Italia in un mercato ancora più attivo nel settore.