Oltre a offrire vitto e alloggio, l’università Cusano ha avviato gruppi di ascolto e colloqui individuali, laboratori didattico-ricreativi per i bambini e i ragazzi e un lavoro per gli adulti. Prossimamente partiranno anche dei corsi di lingua italiana. Tutto per favorire integrazione e sostentamento economico.
Lezioni di italiano in collaborazione con la Basilica di Santa Sofia, gruppi d‘ascolto e sostegno psicologico, laboratori ludici, la proposta di un lavoro per il proprio sostentamento. Da quando l’Unicusano ha aperto le porte del campus alle famiglie ucraine in fuga dal conflitto, offrendo loro un letto e un pasto caldo, il board dell’università telematica si è mosso per aiutare gradualmente i propri ospiti ad attenuare dolori, sofferenze e shock legati alla guerra. Cercando di restituir loro una parvenza di normalità: attraverso sì l’organizzazione di gruppi d’ascolto e colloqui individuali, ma anche attraverso un impiego e prossimamente lezioni di lingua italiana. Perché attualmente sono accolti dall’Università Cusano 84 fra donne e bambini, di cui 36 fra i 2 e i 15 anni e 7 tra i 16 e i 18 anni d’età.
“In queste settimane sta vedendo la luce il progetto di una scuola con il supporto della Basilica di Santa Sofia. Una scuola dove, accanto all’insegnamento dell’italiano, i ragazzi possano seguire in ucraino anche altre materie, come la matematica o la storia, per continuare il loro percorso di studi e non perdere così l’anno scolastico. Duplice l’obiettivo: garantire un continuum scolastico da una parte, dall’altra favorire l’inserimento nelle scuole italiane per il prossimo 2022/2023. A garanzia della professionalità dei docenti, vi è la Basilica di Santa Sofia.” Ha dichiarato il Vice Presidente della Cusano, il dott. Stefano Ranucci.
Sempre per i più piccoli i referenti della facoltà di Scienze della Formazione e Psicologia, supervisionati dai Presidi prof. Alberto Costa e prof. Roberto Melchiori, hanno avviato per i bimbi laboratori che gli consentiranno di utilizzare l’aspetto ludico come forma di supporto: momenti e spazi attraverso cui i bambini, per mezzo del gioco, hanno la possibilità di esprimere il loro malessere, i loro sogni e aspirazioni, esorcizzando il dramma della guerra.
“Con questi laboratori vogliamo creare delle routine quotidiane e di normalità per aiutarli a trascorrere le giornate: perciò i laboratori non vogliono avere una finalità clinica né terapeutica, ma semplicemente di accoglienza per i bambini che potranno svolgere attività di gioco creative con la guida e il supporto di adulti”, spiega Caterina D’Ardia, professoressa di Psicologia dello Sviluppo all’Unicusano.
Per gli adulti il supporto psicologico è assicurato dai docenti, come le professoresse Vegni e Claudia Prestano, tramite gruppi di ascolto e colloqui individuali per far fronte a tutte le problematiche e stress derivanti da questa situazione.
La strada verso un’apparente “normalità” passa, però, anche per il lavoro, l’autosufficienza economica e l’avvicinamento a una professione già svolta in patria. Così, dopo la prima ondata di assunzioni, che ha portato sette persone a trovare una collocazione all’interno dell’università, stanno proseguendo in questi giorni i colloqui per dare continuità lavorativa alle persone accolte.