Isolare per salvare. E’ quanto potrebbe fare un lockdown su alcune fasce d’età più a rischio in caso di contagio.
“Sarebbe sufficiente isolare gli ultra 80enni per dimezzare o quasi la mortalità diretta del virus. Se poi riuscissimo a isolare efficacemente gli ultra sessantennni, la mortalità scenderebbe allo 0,07%, circa 10 volte inferiore”. Lo evidenzia una ricerca dell’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, pubblicato online e ripreso dall’Adnkronos. “Anche in uno scenario di diffusa circolazione virale nella popolazione più giovane, si scenderebbe da un eccesso di mortalità diretta per Covid-19 di 460mila persone senza isolamento, a 120mila (-74%) se si isolassero gli ultra 70enni e a 43mila (-91%) se si isolassero gli ultra 60enni – riporta lo studio – E’ come dire che la mortalità totale, nel corso di un anno solare, in Italia aumenterebbe del 71% senza isolamento, ma solo del 18% con isolamento degli over 70 e appena del 7% con isolamento degli over 60”.
Secondo i dati ufficiali “in Italia2\ l’82% dei deceduti per Covid aveva più di 70 anni e il 94% ne aveva più di 60 anni. E’ d’altronde naturale che sia così – precisa Matteo Villa, ricercatore Ispi – E’ ormai noto che la letalità plausibile del virus cresce esponenzialmente con l’età, uccidendo meno di 5 persone su 10mila nella fascia d’età 30-39 anni, ma oltre 7 persone ogni 100 tra gli ultra 80enni”. Quindi, “pur con tutti i dubbi etici e le questioni politiche – spiega Villa – quella dell’isolamento è una soluzione che crediamo debba essere presa in considerazione da subito, vista la fase grave in cui si trova oggi la pandemia”.
Lo studio ipotizza diversi scenari ‘pessimistici’ sull’evoluzione della pandemia. Uno prevede che “il 70% della popolazione italiana si contagi, la mortalità diretta causata dal virus sarebbe equivalente a poco meno dello 0,8% della popolazione, facendo quasi raddoppiare il tasso di mortalità annuo che nel 2019 è stato dell’1,1%. Aggiungendo il probabile sovraccarico delle terapie intensive, i decessi salirebbero intorno all’1% e l’età mediana delle persone decedute scenderebbe notevolmente”.
Per evitare conseguenze tragiche di questo tipo, “una volta che l’epidemia ha aggirato i controlli e sta risalendo la curva esponenziale, è praticamente inevitabile un lockdown che costringe a fermare la gran parte delle attività lavorative, infliggendo un pesante colpo economico al Paese – prosegue Villa – Anche se il rimbalzo successivo fosse rapido, non è affatto detto che si recupererebbe l’intero terreno perduto nel corso del lockdown; anzi, a oggi così non è stato e neppure le previsioni più rosee precedenti alla seconda ondata prevedevano una ripresa senza contraccolpi. Ma cosa accadrebbe se, invece di decretare un lockdown nazionale, superato un certo livello di guardia decidessimo di isolare in maniera perfetta le persone più anziane? In altre parole, cosa accadrebbe se fosse decretato un lockdown solo per le fasce d’età più a rischio?”, si chiede il ricercatore.
Ebbene, come già anticipato, “anche in uno scenario di diffusa circolazione virale nella popolazione più giovane, con un lockdown per fasce d’età si scenderebbe da un eccesso di mortalità diretta per Covid-19 di 460mila persone senza isolamento, a 120mila (-74%) se si isolassero gli ultra 70enni e a 43mila (-91%) se si isolassero gli ultra 60enni – si legge nel report – E’ come dire che la mortalità totale, nel corso di un anno solare, in Italia aumenterebbe del 71% senza isolamento, ma solo del 18% con isolamento degli over 70, e appena del 7% con isolamento degli over 60”.
Dal punto di vista economico, un lockdown selettivo per fasce d’età “permetterebbe di evitare i contraccolpi più severi. In Italia nel 2019 la forza lavoro era composta da 25,9 milioni di persone. Di queste, 2,3 milioni (il 9% della forza lavoro) erano ultra 60enni. Salendo di soli 5 anni, i lavoratori ultra 65enni si riducono già a circa 600mila persone (il 2,4% del totale), mentre se considerassimo solo gli ultra 60enni ci fermeremmo a circa 130mila (lo 0,5% del totale). Oltretutto, per una certa fetta di queste persone isolamento non deve necessariamente significare assenza di lavoro, perché rimarrebbe disponibile l’opzione del remote working (che sarebbe comunque cruciale estendere il più possibile all’intera forza lavoro)”, conclude Villa.