Si sono incatenati alle poltrone del loro salone da parrucchieri. I titolari de La Dolce vita, di Padova, protestano contro i contenuti del Dpcm che avrebbe dovuto segnare l’avvio della Fase 2 delle misure del governo per il contrasto al Coronavirus. A spiegare le ragioni del gesto, “il primo in 25 anni di attività”, è stato uno dei titolari del salone, Agostino Da Villi.
“Ieri sera come tutti aspettavamo con ansia il discorso del presidente del Consiglio. Penso che tutti, ormai dopo due mesi di inattività, ipotizzavamo di riaprire almeno l’11 o il 18 maggio. Lui e la sua squadra di espertoni ci hanno detto che forse riapriremo a giugno, con la conseguenza che la nostra attività resterà chiusa per tre mesi. Signor presidente lei forse non si rende conto che alzare a serranda di questa attività, dove siamo in sei famiglie, vuol dire avere mediamente 18/20 mila euro di costi mensili, stipendi, affitti, bollette, mutui che oggi noi continuiamo a pagare. Voi non avete mai lavorato un giorno in vita vostra e non avete la più pallida idea di quel che significa. La nostra categoria basa la sua attività sull’igiene per salvaguardare noi, i nostri dipendenti e le nostre clienti. Eravamo pronti a tutto, con divisori, mezzi parafiato, gel mani, mascherine, visiere per i nostri ragazzi, segni a terra per il distanziamento fisico, di cui abbiamo sostenuto le spese; aspettavamo la sua direttiva per l’ingresso di una o due persone e ora lei dice che dobbiamo aspettare fino a giugno. Lei ha detto di aver fatto una supermanovra di 400 miliardi, ma noi non abbiamo visto nulla e i nostri ragazzi, dopo marzo non hanno visto un centesimo della promessa cassa integrazione e non hanno i soldi per fare la spesa”.
Da Villi ha concluso il suo discorso aggiungendo “Se lei pensa che noi andiamo in banca per fare un prestito per pagare i vostri stipendi, si sbaglia di grosso, perché da noi dovete aspettarvi una rivolta”. Ancor più esasperate le parole del socio di Da Villi, Stefano Torresin: “Dovete levarvi dai c… il prima possibile”