La pandemia del coronavirus, quando passerà, presto o tardi, lascerà comunque profonde ferite nel tessuto sociale del nostro paese. Non soltanto sul piano sanitario o su quello economico, temo. Quando c’è da affrontare tutti uniti il nemico comune, c’è chi gioca a spaccare il Paese, a evocare un dualismo tra Nord e Sud che, certo esiste, ma adesso dovrebbe essere messo da parte.
“I meridionali, in molti casi, sono inferiori” ai settentrionali. Le parole di Vittorio Feltri nella trasmissione di Mario Giordano “Fuori dal coro” continuano a risuonare nelle orecchie, come l’apice di un crescendo di invettive e insulti antimeridionali del giornalista bergamasco.
L’attacco finale, nella trasmissione di Retequattro è soltanto l’ultima in ordine di tempo contro i meridionali, dopo altre comparsate televisive e articoli su Libero nei quali Feltri confonde i meridionali con il governo “romano-foggiano” e con le sue scelte sul lockdown.
Il governo di Roma, guidato dal foggiano Giuseppe Conte, secondo Feltri danneggia le regioni del Nord. Le imprese lombarde, mentre i morti si contano ancora a centinaia, vorrebbero riaprire, perché al Nord si lavora, non si suona il mandolino. E dopo il “farete la fine che meritate”, ecco la frase finalmente uscita fuori dal denti: “I meridionali sono inferiori”. Secondo Feltri al Sud si gioisce per i dolori e i lutti del Nord per un complesso di inferiorità verso i settentrionali.
C’è un virus che è forse peggiore del covid-19 ed è quello del razzismo. E le frasi di Feltri trasudano razzismo. Perché dietro quelle parole, dette e scritte, non ci sono fatti, ma pregiudizi.
Non c’è alcun meridionale che gioisca per i morti di Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, non esiste alcuna guerra del Sud contro il Nord, se non nella testa di Feltri. C’è la cautela dei governatori delle regioni del Mezzogiorno per evitare che i contagi si allarghino nel loro territorio, con conseguenze che sarebbero disastrose, vista la condizione del sistema sanitario. La chiusura di De Luca o Musumeci non è contro i settentrionali, ma per impedire il ritorno nella loro terra degli stessi emigrati campani o siciliani, contro i loro stessi figli. Per tutelare i padri e i nonni. Al contrario, le regioni del Sud hanno subito accolto i malati lombardi che non potevano essere curati negli ospedali locali, ormai rimasti senza posti di terapia intensiva. Entrati in coma a Bergamo, si sono risvegliati a Palermo, nell’ospedale dove avevano salvato loro la vita. Altro che guerra al Nord. Ci sono medici, infermieri, militari che dal Sud si sono offerti per andare a dare un aiuto negli ospedali del Nord assediati ed espugnati dal Coronavirus, dove pure sono ricoverati e sono morti, muoiono, tanti meridionali emigrati al Settentrione. Pure tra medici e infermieri. Feltri, questo lo sa? Sono morti perché inferiori?
Perché il direttore di Libero continua con questa linea pericolosa? Sì, pericolosa, perché si innesta in un clima reso difficile dal protrarsi della quarantena, che sta esasperando tutti gli italiani, e dalla crisi economica che si trasformerà in una emorragia di posti di lavoro. Aizzare animi esasperati provoca sempre disastri, specie quando si agita lo spettro di un nemico che non c’è, ovvero il meridionale che odia il Nord dove ha trovato lavoro e ricchezza, togliendola magari ai locali. Sembra di sentir parlare il Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega primigenia, quella separatista di Bossi, prima che arrivasse Salvini e al posto dei meridionali mettesse gli immigrati clandestini al posto di nemici pubblici numero uno.
Certe idee sono dure a morire e fanno presto a attecchire di nuovo, in un contesto di poca conoscenza e farcito di luoghi comuni. Per molti, nelle regioni del Nord, il Mezzogiorno è terra di mafia e camorra, di arretratezza economica e sociale, di mandolini e, tutt’al più buona cucina e belle spiagge. Pochi di loro ci hanno messo piede, in realtà. La quasi totalità dei turisti che discendono la Penisola per turismo sono gli emigrati che tornano a casa per le ferie; gli altri vanno all’estero, in montagna o sulle spiagge dell’Emilia. Il Sud, per loro, è meta esotica e temibile, per come descritta da fiction, cinema e persino notiziari e trasmissioni tv. Non ci credete? Giuseppe Mazzarino, su Giornalistitalia.it lo chiama già Feltrismo, un eloquio che fomenta la spaccatura sentimentale tra le due grandi aree del Paese. E che si nutre, ripeto di luoghi comuni e stereotipi. Che non risparmiano neppure giornalisti e conduttori di talk show. In questo, i campioni sono Massimo Giletti e Mario Giordano, con le sue risatine alle volgarità di Feltri. Ma nei giorni del lockdown ci sono stati i casi della conduttrice de L’aria che tira, la napoletana Myrta Merlino, che si stupiva perché l’eccellenza sanitaria del nostro paese, vantata pure all’estero, venisse da Napoli, così come il disappunto dell’inviata di “Agorà” a Napoli che si lamenta della sfortuna perché non trova assembramenti di irresponsabili untori da filmare o, infine, il giornalista del Tg 3 (Rai, avvero servizio pubblico) nel suo servizio odierno da Ostia sul ferimento con arma da fuoco di un componente del clan Spada: “A Napoli, Palermo, Reggio Calabria, una gambizzazione non farebbe neppure notizia, ma ad Ostia sì”.
Insomma, c’è un pregiudizio antimeridionale che serpreggia nel Paese e di cui Feltri è il portavoce più sincero e sguaiato. Resta da capire perché, se per antipatia o per calcolo politico, per un sogno separatista, staccare il Nord dal resto d’Italia, soltanto sopito, ma mai cancellato.
Feltri, il messaggio che gioca a spaccare il Paese
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mercoledì 22 Aprile 2020 - 20:00