Per il primo trimestre del 2020 l’Ufficio Studi di Confcommercio stima una riduzione dei consumi del 10,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il mese di marzo e’ completamente responsabile della caduta (-31,7%). “Siamo in presenza – spiega Confcommercio – di dinamiche inedite sotto il profilo statistico-contabile, che esibiscono tassi di variazione negativi in doppia cifra non presenti nella memoria storica di qualunque analista”.
“Purtroppo sono profili declinanti molto prossimi alla realtà: i dati ‘veri’ sull’accoglienza turistica (-95% degli stranieri a partire dall’ultima settimana di marzo), sulle immatricolazioni di auto (-82% nei confronti dei privati), sulle vendite di abbigliamento e calzature (attualmente -100% per la maggior parte delle aziende, precisamente quelle non attive su piattaforme virtuali), per i bar e la ristorazione (-68% considerando anche le coraggiose attività di delivery presso il domicilio dei consumatori), appaiono di sconcertante evidenza. Giusto per fare alcuni esempi”.
Le stime di Confcommercio indicano una riduzione tendenziale del PIL del 3,5% nel primo quarto del 2020 e del 13% nel mese di aprile. “I provvedimenti delle autorità nazionali e internazionali non possono modificare il profilo delle perdite di prodotto – sottolinea l’associazione di categoria -. Possono, però, mitigare notevolmente le perdite di reddito disponibile connesse alla riduzione dell’attività, trasformandole in larga misura in deficit pubblico e quindi debito sovrano. La strada prevalente in Italia è la riduzione degli impatti della crisi attraverso la concessione di abbondante liquidità a costi molto esigui”.
“Sarebbe opportuno affiancare a questi provvedimenti una serie di indennizzi proporzionali alle perdite (al netto delle imposte potenzialmente dovute) subite dagli imprenditori e dai lavoratori. Senza lo strumento dei ‘trasferimenti a fondo perduto’ si corre il rischio che l’eccezionale liquidità non sarà realmente domandata, almeno dai soggetti più deboli, lasciando ferite permanenti nel tessuto produttivo e rendendo meno vivace la ripartenza. Il tema della ripresa quando l’Italia riaprirà è denso di incognite. Infatti, al termine dello scorso anno, non erano stati ancora recuperati i livelli di reddito disponibile e consumi – in termini reali – sperimentati nel 2007: le perdite ammontavano ancora rispettivamente a 1.700 e 800 euro per abitante. Insomma, detto senza giri di parole, oggi è necessario evitare che, dopo il coronavirus, la ricostruzione dei livelli di benessere economico, già depressi, del 2019, duri troppi anni”. (ITALPRESS)