Matteo Salvini prova a fare buon viso a cattivo gioco dopo il fallito assalto alla roccaforte “rossa” dell’Emilia Romagna. E il giorno della “sconfitta” elettorale posta una foto con la didascalia “Chi si ferma è perduto”, ma il sorriso che esibisce è tirato, forzato. Insomma, si riparte e si continua a lavorare. E’ una ripartenza amara. Sognava, il leader della Lega, una replica del clamoroso successo dell”Umbria, strappata al Pd, ma il nuovo colpo non è riuscito, così come l’auspicato effetto domino sul governo nazionale.
Una sconfitta, secondo tutti gli osservatori e gli analisti, per la sua linea politica, di cui si sta provando a spiegare il perché. Che è molteplice: comunicazione eccessivamente aggressiva, che gli si è ritorta contro, suscitando la reazione di tanta gente stanca di toni forti, della alimentazione delle paure diffuse. Il caso della citofonata a una famiglia di tunisini sospettata dai vicini di spacciare, col video postato su facebook e oggi rimosso per decisione del social network perché alimenta l’odio razziale, è stato il più clamoroso e l’ultimo (anzi, il penultimo) di una lunga serie.
Senza contare l’effetto “Sardine” che ha spinto tantissimi a tornare a votare quasi soltanto per porre un argine alla marea crescente del Salvinismo. E’ certo che il fenomeno partito proprio a Bologna è nato proprio in chiave anti-Salvini, in contrapposizione a temi e toni della sua campagna elettorale, e ha avuto delle conseguenze sul voto. A tal punto che lo stesso riconfermato governatore Bonaccini e il segretario del Pd, Zingaretti, hanno voluto ringraziare il giovane Santori e i suoi compagni.
E’ chiaro che in Emilia non fosse una battaglia facile: la Regione è una delle meglio amministrate d’Italia e tra le più prospere d’Europa, storicamente di sinistra e con un apparato sociale, politico e economico chiaramente orientato e radicato, difficile da abbattere con gli slogan. Alla fine, si è messa in moto una macchina mediatica, una mobilitazione di piazza che hanno battuto ogni sforzo propagandistico di Salvini e dei suoi. In più, la candidata scelta da Salvini, Lucia Borgonzoni, non è mai riuscita a imporre carisma o particolari qualità mediatiche. Nonostante questo, la Lega e il Centrodestra in generale, con Fratelli d’Italia in particolare, sono riusciti a crescere molto, ma non a sufficienza e la spallata non c’è stata.
E si parla già di corsa esaurita, di immagine appannata per il capo della Lega e del Centrodestra. E’ così? Sì e no, forse. Ma non dipende soltanto da lui. Perché se Salvini non ha vinto, certamente non hanno trionfato PD e Centrosinistra in generale. In Emilia Romagna l’affermazione è di Bonaccini, che aveva eliminato ogni riferimento ai partiti che lo sostenevano, dando l’impressione di dare per scontato che fossero perdenti, controproducente un accostamento.
A Roma, la coalizione che sostiene il governo Conte ha ricominciato a litigare sui presunti nuovi equilibri di forze tra un PD che, comunque, è calato nei consensi in Emilia e ha perso la Calabria, e un Movimento 5 Stelle che sembra aver imboccato il viale del tramonto. Tutto questo gioca in favore dell’opposizione.
Nella quale, però, il dato elettorale sembra poter rimettere in discussione una leadership di Salvini mai digerita. Esulta Forza Italia per la vittoria di Jole Santelli, in cui intravede una inversione di tendenza rispetto a un destino di marginalità che sembrava ineluttabile. Berlusconi vuole tornare a interpretare i sentimenti dei moderati, che mai hanno amato il capo leghista, e degli elettori del Sud in cui la Lega sfonda soltanto tra gli eletti e non tra gli elettori. E poi c’è Giorgia Meloni, “la più amata dagli italiani”, col suo partito che viaggia col vento in poppa, al Nord come al Sud.
La partita vera, però, adesso si deve giocare sui contenuti, sulla proposta politica. Quella che, fino a ora, è mancata, a nostro avviso, non soltanto alla maggioranza di governo, ma anche a una opposizione che voglia candidarsi a dare un governo serio e di prospettiva al Paese. Un Paese che non riesce a dare un colpo di acceleratore alla sua economia, dove troppi giovani sono costretti a partite e molti adulti restano fuori dal mercato del lavoro; dove lo stato delle infrastrutture è drammatico, come quello della scuola; dove si sprecano risorse in spese improduttive e la tutela dei ceto meno abbienti è insufficiente. Una Italia che conta sempre meno sullo scacchiere internazionale, più per sue responsabilità che per un ostracismo dei partner e degli alleati, mentre il mondo brucia ai suoi confini. Sono tantissimi i temi, superfluo elencarli tutti qui.
La campagna quasi monotematica di Salvini su immigrati e sicurezza rischia di non funzionare più e, certamente, è insufficiente a ampliare un elettorato che, forse, ha raggiunto il suo massimo ed ha già cominciato a calare. Si sforzi il capo della Lega di studiare e di proporre un programma serio e alternativo. Altrimenti, rischia di essere sorpassato da sinistra e da destra e di diventare una parentesi nella storia della politica di questo primo scorcio di XXI secolo, in Italia.