
Continua Massagli: “Le opportunità di defiscalizzazione e decontribuzione offerte dalla conversione di premi di risultato, secondo le norme stabilite nel 2016 sul welfare aziendale, restano le uniche occasioni effettive per ridurre il costo del lavoro, almeno nella sua parte collegata ai risultati conseguiti dalle imprese. Quindi nessun taglio diretto al cuneo fiscale, ma per le imprese che fanno utili e redistribuiscono risultati c’è ancora un modo per ridurre l’impatto fiscale: il welfare aziendale”. Se dobbiamo credere che nel 2020 l’Italia tornerà a crescere – lo speriamo tutti, non solo per l’ottimismo di necessità di chi governa – dobbiamo pensare che saranno di più le imprese in condizione di distribuire premi di risultati e quindi di utilizzare le modalità alternative alla monetizzazione. I numeri del welfare, fonte Aiwa, indicano oltre 100.000 imprese coinvolte e quasi 2.500.000 lavoratori di imprese private beneficiari di piani di valore medio attorno ai 700 euro.
“Resto dell’idea che allo sviluppo pieno e alla maturazione del mercato – continua Massagli nell’intervista a wewelfare.it – servirà l’integrazione a pieno titolo del Terzo settore nel perimetro del welfare aziendale, anche per ribadirne la finalità sociale”. Aiwa aveva chiesto che i residui non goduti dei piani di welfare potessero diventare risorsa per le associazioni del Terzo settore: “Abbiamo chiesto anche di inserire un vantaggio fiscale per chi nei piani di welfare inserisse il pagamento dell’affitto dei figli che studiano fuori sede: sarebbe un triplo risultato. Aiutare i nostri giovani cervelli a studiare in Italia, favorire la solidarietà familiare, far emergere il nero di tanti affitti studenteschi”.
(ITALPRESS).