Una vasta operazione della guardia di finanza ha portato al sequestro di 120 immobili nei confronti di un imprenditore della logistica, Giancarlo Bolondi.
I sequestri sono stati compiuti tra Milano, Lodi, Brescia, Torino, Genova e altre città su disposizione della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano.
Le accuse sono di frode fiscale, riciclaggio e sfruttamento del lavoro, in particolare di “caporalato” nel facchinaggio.
Bolondi, 63 anni, è residente in Svizzera e si trova giù agli arresti domiciliari. I magistrati di Pavia contestano all’imprenditore di essere stato a capo di un “network di consorzi e cooperative” tra il 2012 e il 2018.
Attraverso il network avrebbe anche “reclutato manodopera in condizioni di sfruttamento“, approfittando dello “stato di bisogno dei lavoratori, tenuti costantemente sotto la minaccia di perdere il lavoro”. Gli operai dovevano accettare condizioni diverse rispetto ai contratti collettivi nazionali su turni, ferie e gestione dei riposi.
Sequestrati, oltre a conti correnti e una polizza assicurativa, immobili tra Padenghe sul Garda e Manerba del Garda (Brescia), Camogli (Genova), Lodi, La Thuile (Aosta), Milano, Sauze di Cesana (Torino). Tutti riconducibili a Bolondi.
I giudici Rispoli-Cernuto-Pontani, nelle numerose pagine del decreto, spiegano che all’indagine è collegata l’amministrazione giudiziaria che venne disposta a maggio per Ceva Logistic Italia srl, ramo della multinazionale leader nel settore della logistica.
Ceva, che nel Pavese gestisce la “Città del libro”, una sorta di hub logistico per la distribuzione di materiale editoriale, era proprio “una delle clienti del ‘sistema Bolondi’” e impiegava “manodopera fornita dalla Premium Net”.
Il consorzio di Bolondi riusciva ad “interfacciarsi sul mercato dell’outsourcing con i principali attori economici pubblici e privati”. Contemporaneamente, almeno dal 2009, l’imprenditore avrebbe portato avanti, tra la Lombardia e il Lazio, “un sistema fraudolento di gestione delle attività economiche finalizzato a evadere le imposte“, affiancato “da un’attività di occultamento della provenienza illecita dei profitti”, con “schermi” societari e prestanome.
Inoltre l’imprenditore riceveva proventi da “truffe ai danni del sistema previdenziale e del mancato pagamento ai dipendenti del Tfr”. La somma veniva poi riciclata “in investimenti immobiliari”. Solo nel “procedimento pavese”, si legge ancora nel decreto, si parla di imposte evase per “14 milioni di euro”.