Si inasprisce e rimane altissima la tensione in Bolivia, dove continuano le manifestazioni di protesta contro il presidente Evo Morales dopo la denuncia delle opposizioni di brogli alle ultime elezioni dello scorso 20 ottobre, che ne hanno determinato la vittoria.
Alcuni settori delle locali forze dell’ordine di diverse città, Chuquisaca, Sucre, Tarija, Santa Cruz (roccaforte dell’opposizione), Potosí e Oruro, hanno dichiarato l’ammutinamento aderendo alle fronde di protesta antigovernativa.
Intanto continua l’operazione di incitamento verso i sostenitori di Morales ad occupare le strade della capitale, La Paz, da parte del partito al potere, il Movimiento al Socialismo (Mas), per difendere il risultato elettorale.
Bolivia fra tensione e proteste, a fuoco casa della sorella di Morales
Le posizioni si stanno irrigidendo velocemente con il supporto di un enorme numero di poliziotti schierati contro il presidente che hanno pubblicamente dichiarato a giornali e tv locali la necessità delle dimissioni del presidente come unica soluzione per scongiurare la dittatura.
Intanto un gruppo di manifestanti ha dato fuoco alla casa della sorella del presidente, Ester Morales, e quelle dei governatori di Oruro e Chuquisaca, rispettivamente Víctor Hugo Vásquez ed Esteban Urquizu. Morales ha denunciato e condannato dal suo account Twitter “davanti alla comunità internazionale e al popolo boliviano che il piano di golpe fascista compie atti violenti con gruppi irregolari che hanno bruciato la casa dei governatori di Chuquisaca e Oruro e mia sorella in quella città”, ha detto il presidente. “Conserviamo la pace e la democrazia”, ha aggiunto.
Morales ha anche condannato “l’atteggiamento degli ex difensori del popolo”, che “invece di proteggere i diritti umani violano la libertà di espressione e si uniscono ai complotti razzisti del colpo di stato per tentare contro i media statali come hanno fatto le dittature militari”. “Vogliono mettere a tacere la stampa per perpetrare il colpo di stato”, ha sottolineato.