L’aumento dei costi di
smaltimento dei rifiuti per l’
industria manifatturiera del Paese è stato di 1,3 miliardi di euro all’anno, pari a un incremento medio di
oltre il 40% negli ultimi due anni. Questa la stima che emerge dallo studio “I rifiuti speciali e la competitività del sistema delle imprese”, realizzato da Ref ricerche in collaborazione con la Fondazione Utilitatis, e presentato da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) oggi alla Fiera di Rimini nel corso della giornata di apertura di Ecomondo.
Alla base di questi aumenti, che hanno pesato sull’equilibrio domanda-offerta nel mercato dei rifiuti speciali, le difficoltà nello smaltimento dei rifiuti e l’ampiamento dei tempi di ritiro da parte degli smaltitori; ciò è dovuto alla carenza impiantistica, che a fronte di una domanda crescente vede un’offerta sempre più limitata che per essere soddisfatta deve ricorrere anche ad impianti esteri. La stima degli aumenti – viene spiegato dalla ricerca che punta a offrire una mappatura regionale dei fabbisogni impiantistici di smaltimento “nominali”, considerando per la prima volta il rifiuto nel complesso, urbano e speciale – è distribuita in modo asimmetrico con punte per le produzioni localizzate nei territori maggiormente deficitari, delle filiere più fragili, come quella dei fanghi di depurazione, o ancora dei rifiuti pericolosi, esposte al raddoppio fino alla triplicazione dei costi di smaltimento.
“Occorre ripensare profondamente la gestione dei rifiuti del Paese – dice Filippo Brandolini, Vice Presidente di Utilitalia – superando il dualismo tra rifiuti urbani e speciali, realizzando gli impianti necessari, per assicurare uno sbocco allo smaltimento in prossimità, almeno ai rifiuti che non presentano necessità di impianti dedicati e specifici”. (
ITALPRESS)