La deputata Giuseppina Occhionero è stata ascoltata ieri al Palazzo di Giustizia di Palermo in merito al caso Nicosia. Occhionero è arrivata intorno alle 16 accompagnata dall’avvocato Giovanni Bruno.
I magistrati che indagano sul fatto, durante l’audizione durata circa due ore, hanno posto al centro i rapporti di Pina Occhionero con il suo collaboratore parlamentare Antonello Nicosia, arrestato per associazione mafiosa.
Caso Nicosia, la deputata Occhionero in Procura a Palermo
Pina Occhionero, avvocato molisano di 41 anni, è stata eletta alle ultime elezioni politiche nelle liste di Leu ed è recentemente passata a Italia Viva, il partito di Renzi.
I magistrati hanno sentito la deputata in qualità di persona informata sui fatti dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì.
“Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto. Mi sono fidata di lui”. Questa la giustificazione secondo quanto riportato da Palermo.Repubblica.it.
“Mi era stato presentato dai Radicali, veniva dal mondo dell’associazionismo, si diceva difensore dei diritti dei detenuti”, ha aggiunto. “L’ho conosciuto così e poi, anche in virtù del rapporto personale che si era creato, mi sono fidata ciecamente”.
I magistrati le hanno poi chiesto come abbia potuto assumere nel ruolo di collaboratore un uomo che aveva avuto una condanna a 10 anni per traffico di droga. La Occhionero ha risposto così: “Alla Camera non c’è alcun controllo, perché avrei dovuto fare controlli io?”.
Sembra che la deputata, insospettita, solamente in un secondo momento abbia cominciato a dubitare del curriculum di Nicosia, a suo dire insegnante di storia della mafia negli Usa. Da quel momento i rapporti si sarebbero allentati.
Nicosia faceva da tramite per i boss in carcere
L’audizione di Occhionero in Procura si è incentrata sui suoi rapporti con l’assistente finito in carcere perché ritenuto anello di collegamento con i mafiosi detenuti vicini al superlatitante Matteo Messina Denaro.
Secondo la Procura, Nicosia avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e ordini.
Nicosia definiva il boss Matteo Messina Denaro “il nostro Primo ministro”. Non sapendo di essere intercettato, l’esponente Radicale parlava della Primula rossa di Cosa nostra come del suo premier.
Immagini di Marcella Chirchio.