Medici militari tra ostacoli formativi, implicazioni etiche e deontologiche. Su questi temi ha chiuso i battenti il convegno nazionale “Sanità militare: integrazione tra medici del Ssn e del comparto difesa e sicurezza” organizzato a Palermo, a Villa Magnisi, dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici e l’Omceo del capoluogo siciliano.
A fare il punto, anche attraverso il racconto delle esperienze e tavole rotonde, molti esperti e autorità militari e civili con l’obiettivo di individuare un percorso condiviso verso una maggiore integrazione.
Medicina militare, allargare la rete formativa a garanzia dei diritti fondamentali
Ad aprire i lavori il presidente della Federazione nazionale Filippo Anelli, che ha tracciato un quadro generale sul valore della professione.
“I medici sono coloro che rendono possibile un sistema sanitario uguale e solidale in tutto il Paese e cure uguali per tutti nel mondo. E questo perché assicurano il rispetto dei diritti fondamentali della persona, che sono il punto di riferimento dell’esercizio della professione medica – ha affermato il presidente -. Il nostro Servizio sanitario Nazionale è una conquista di civiltà ben rappresentata dalla Costituzione italiana: dalla solidarietà sancita all’articolo 2, alla promozione della pace e della dignità della persona richiamata all’articolo 11, passando dal diritto di pari dignità sociale e di salute dell’articolo 3. Trova la sua più grande espressione nel sistema militare italiano, quale modello unificante in tutte le regioni e nel mondo. Sono gli stessi principi su cui i medici dichiarano fedeltà con il giuramento di Ippocrate, all’inizio della loro attività”.
“In un Paese come l’italia, dove esistono 21 sistemi regionali sanitari differenti, producendo di conseguenza disuguaglianze, i medici garantiscono l’equità delle prestazioni. La sanità militare va encomiata per la presenza nei territori di guerra, dove assicura ancora oggi, con enormi sacrifici, gli stessi diritti alle persone, non come cittadini ma come esseri umani per promuovere la pace, la salute, la vita”.
I costi
La Corte dei Conti ha certificato un costo complessivo a carico della Difesa di quasi 370 milioni di euro per il 2018, che equivale allo 0,32 per cento della spesa sostenuta nello stesso anno dal Servizio sanitario nazionale.
“Molto è stato fatto sul fronte dell’integrazione tra sanità militare e civile, ma rispetto al 2017 la spesa per il sistema militare è stato ridotto di circa 1,2 milioni, come ha certificato la stessa Corte dei conti – ha spiegato il presidente dei medici siciliani Toti Amato -. La sanità militare ricopre aree d’intervento omogenee in tutto il Paese e nel mondo, dalla medicina del lavoro militare a quella legale e di prevenzione, fino ad arrivare alla medicina d’emergenza che richiede peculiari capacità e specializzazione. A fronte del grande volume delle prestazioni e a garanzia della continuità formativa, è necessario allargare la rete dei corsi dei medici civili anche ai medici militari, che spesso hanno difficoltà a formarsi dove lavorano perché o sono poche le strutture ospedaliere militari, o non si raggiunge il numero necessario. In un processo di integrazione sempre più ampio, gli Ordini che sono distribuiti in modo capillare in tutte le province italiane, e come enti sussidiari dello Stato, potrebbero dare un grande contributo a colmare il limite formativo, senza distogliere il militare dal posto o dal luogo dove esercita la sua attività. Per assicurare la continuità quantitativa e qualitativa delle prestazioni sanitarie, oggi l’integrazione tra i due sistemi è una priorità, segnalata dalla stessa Corte dei Conti, secondo la quale serve implementare il principio di “interforzizzazione” e ‘una più intensa sinergia con il SSN” anche attraverso accordi, convenzioni e protocolli a livello regionale”.
Etica e deontologia
Di implicazioni etiche e deontologiche ha parlato Maurizio Benato, componente della consulta deontologica Fnomceo: “Il medico militare obbedisce in prima istanza all’ordinamento militare, ma il codice deontologico ha una funzione di orientamento, anche se rimane uno degli aspetti fondamentali del dilemma morale del medico militare che si trova ad avere un rapporto con la violenza, nei terreni di guerra, quando i criteri etici di diritto alla vita mettono a dura prova anche il suo comportamento. Il codice deontologico serve comunque ad orientare sia il medico che i comandanti nelle richieste di un comportamento di tipo militare. Devono sapere che non si può chiedere ad un medico qualcosa che sia in contrasto con l’etica della professione”.