Per alcuni è difficile ammetterlo ma un po’ tutti siamo presi dalla dipendenza da cellulari. Tecnicamente si chiama nomofobia e deriva dall’inglese “no mobile fobia”.
Alzi la mano chi non entra in uno stato d’ansia se non ha il proprio telefonino con sé, se il livello della batteria è scarico, se il credito è insufficiente. Tutti queste situazioni ci fanno sentire fuori dal mondo, non possiamo più comunicare, scambiare messaggi, pubblicare sui social, controllare la mail e spesso si cade in una vera e propria ossessione da cellulare.
La dipendenza da cellulari
La nomofobia non è l’unica forma di dipendenza da cellulari conosciuta. Esistono anche il vamping, cioè l’abitudine degli adolescenti di restare al telefono fino a notte fonda. O ancora il phubbing, quando, troppo presi dallo smartphone, tendiamo ad ignorare chi ci sta accanto.
A focalizzare l’attenzione su queste nuove forme di dipendenza è Guidapsicologi, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di “disintossicarsi” dall’uso smoderato e compulsivo del telefonino.
Esistono diversi tipi di dipendenza, con caratteristiche e nomi diversi. Vediamo adesso di conoscere meglio queste forme di tecnostress che dilagano.
Cosa è la nomofobia
Nomofobia deriva dalla fusione dei termini inglesi “no mobile phone phobia”. Con questo termine si indica in generale il senso di angoscia che proviamo quando non possiamo usare il nostro smartphone. Se ad esempio lo dimentichiamo, lo perdiamo, oppure abbiamo la batteria scarica o siamo senza credito e senza connessione, spesso ci coglie l’ansia. Questo stato di agitazione a volte si manifesta anche solo all’idea di non poter utilizzare il cellulare.
La parola è stata coniata in occasione di uno studio commissionato nel 2008 a YouGov, un qualificato ente di ricerca britannico, che ha evidenziato e descritto il disturbo.
Coloro che sono affetti da nomofobia controllano compulsivamente caselle postali, social, notifiche e messaggi, vivono incollati al cellulare in tutti i momenti della giornata, anche durante i pasti e a tarda notte.
Comune compagna della nomofobia, inoltre, è l’Internet Addiction Disorder (IAD). Si tratta di un’altra forma di dipendenza che porta all’uso compulsivo di internet. Per rendersi conto di quanto si sia diffusa questa forma di dipendenza, basta guardarsi intorno. L’ossessione ha preso il sopravvento sul buon senso e sulle norme di civile convivenza.
Secondo l’indagine di Guidapsicologi le fasce d’età maggiormente colpite sono quelle che vanno dai 18 ai 24 e dai 25 ai 34, senza sostanziali differenze di tipo sociale né di sesso. Non ne sono risparmiati neppure i più giovani, con un aumento importante di casi tra gli adolescenti tra i 1 e i 18 anni.
Il vamping
Il mondo notturno dei vampiri si diffonde sempre di più tra gli adolescenti. Non si tratta esattamente di consuetudini mostruose ma sicuramente nocive per la salute. Il vamping consiste nel cosiddetto “vampeggiare”, ossia nell’agire come i vampiri, attivandosi con il buio poi trovandosi senza forze di giorno.
Si comincia ad utilizzare i cellulari soprattutto in tarda serata o addirittura nel cuore della notte. Sia con conversazioni telefoniche, che chat o ancora con videogiochi. In questo modo i ragazzini rimangono a lungo connessi togliendo ore preziose al necessario riposo notturno. Questo processo ciclico porta i ragazzi ad alterare i loro cicli di sonno veglia, con conseguenze sul rendimento scolastico e anche sulla salute.
Il phubbing
Un’altra forma di dipendenza sempre più dilagante è il phubbing. Questo termine nasce dalla fusione di “phone” e “snubbing”, che significa ignorare.
Il phubbing ha un notevole impatto sulla serenità della vita di coppia. Chi ne soffre, infatti, tende a non considerare le persone che gli stanno accanto, perché troppo preso dal proprio smartphone. L’uso patologico della tecnologia genera poi tensioni, frustrazioni e litigi all’interno della coppia e arriva a volte a minare il rapporto.
A tutto questo si deve aggiungere anche l’ansia generata da una mancata risposta tempestiva e un controllo patologico di comunicazioni e spostamenti.
Come combattere la dipendenza da cellulari
Se da un lato è vero che la dipendenza da cellulari si sta diffondendo a macchia d’olio è anche possibile porre rimedio. Con qualche piccolo accorgimento e un poco di buona volontà si potrà tornare a vivere in maniera normale.
Stiamo fisicamente lontani dal cellulare. Se il nostro device è vicino a noi, la tentazione di controllare messaggi e notifiche sarà molto forte. Lasciarlo lontano per un po’ ci consentirà un respiro maggiore.
Suoneria disattivata. Mantenere le notifiche in modalità silenziosa ci allontanerà dall’ossessione di controllare compulsivamente il cellulare ad ogni bip chiedendoci chi avrà scritto cosa.
Vivere nella realtà. Non quella virtuale si intende, ma quella fatta di cose tangibili e persone in carne e ossa. Basta con la continua ricerca di approvazioni e soddisfazioni nei like e nella quantità di notifiche che affollano lo schermo. Meglio uscire con gli amici, leggere, fare sport.
Eliminare le app inutili. Non sempre quando prendiamo in mano il cellulare dobbiamo utilizzarlo per qualcosa di necessario. Spesso lo facciamo senza motivo, per “fare qualcosa” e ci buttiamo in app e giochi decisamente inutili che ci isolano dal mondo reale. Meglio cancellarli dallo smartphone.
Porre limiti e paletti. Quando non è strettamente necessario, spegniamo il telefono e aumentiamo progressivamente il tempo di astinenza. Per riuscirci esistono dei veri e propri esercizi: trenta minuti senza telefono, poi 45 e poi un’ora, utilizzando il tempo in attività piacevoli e gratificanti.