Colpo alla cosca mafiosa di Licata. Un’operazione dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Agrigento ha eseguito dei fermi nei confronti di sette persone indagate per associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa.
Il blitz delle forze dell’ordine è partito all’alba di questa mattina. Il provvedimento di fermo è stato emesso dalla Dda di Palermo.
Al centro delle indagini dei carabinieri la famiglia mafiosa di Licata (Agrigento), autorevole punto di riferimento sul territorio agrigentino. Della “famiglia” sono stati delineati gli assetti e le gerarchie.
Nel corso della indagine sono state scoperte infiltrazioni nelle attività imprenditoriali in via di realizzazione nell’Agrigentino ed il ruolo occupato all’interno della cosca da due ex massoni che erano maestri venerabili di due distinte logge.
Al vertice della famiglia mafiosa di Licata secondo gli investigatori c’è Giovanni Lauria, 79 anni. Soprannominato “il professore” e già condannato per mafia. Considerato punto di riferimento di Giuseppe Falsone, quando quest’ultimo era il capo della mafia dell’intera provincia agrigentina. Già allora Lauria dimostrò di possedere lo spessore mafioso per mediare tra le opposte fazioni che si facevano la guerra: da un lato gli uomini di Falsone e dall’altro quelli agli ordini di Maurizio Di Gati.
Gli altri fermato nel blitz della notte sono suo figlio Vito Lauria, 49 anni, Angelo Lauria, 45 anni, Giacomo Casa, di 44, Giovanni Mugnos, di 53, Raimondo Semprevivo, di 47 e il funzionario regionale Lucio Lutri, 50 anni.
Il professore organizzava gli incontri con i mafiosi della Sicilia orientale e pianificava gli affari illeciti. Era in contatto con Salvatore Seminara, considerato al vertice della famiglia di Caltagirone e sotto processo con l’accusa di essere mandante di un duplice omicidio commesso a Raddusa il giorno di Pasqua del 2015. Le indagini sono partite proprio dalla loro relazione. Sul tavolo c’era la realizzazione di un importante complesso turistico alberghiero e la demolizione di immobili abusivi nel Comune di Licata. Un modo per fare soldi infiltrandosi nelle operazioni di ripristino della legalità.
I Lauria, inoltre, giocavano la loro partita su due tavoli, quello della mafia e quello della massoneria. Fratello il padre Giovanni, maestro venerabile di una loggia di Licata il figlio. Da qui i rapporti con Lucio Lutri. Un insospettabile funzionario della Regione Siciliana, in servizio al Dipartimento energia (Gestione Por e Finanziamenti). Anche Lutri maestro venerabile di loggia massonica con sede a Palermo. Il suo ruolo era quello di mettere “a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni”.
Lutri era una pedina fondamentale del progetto. Avrebbe infatti sfruttato le sue conoscenze per ricevere e rivelare informazioni riservate sulle attività di indagine in corso a carico della cosca, sia mettendosi in contattato con professionisti e compiacenti dipendenti della pubblica amministrazione (in gran parte anch’essi massoni) per assecondare le richieste dei boss. Una rete di relazione che si è occupata di affari e interessi patrimoniali su cui la Procura di Palermo continua a indagare.