Il regionalismo differenziato e la mancata attuazione dell’autonomia fiscale, economica e infrastutturale della Sicilia sono stati i temi al centro del dibattito organizzato a Palermo dal Movimento “Siciliani verso la Costituente”.
Un incontro al quale hanno partecipato politici, esperti, economisti, rappresentanti del mondo cooperativo e docenti universitari che hanno posto l’accento sul reale isolamento della Sicilia rispetto ad un progetto di riforma, voluto dalle regioni del nord, che metterebbe a serio rischio la nostra terra da fin troppo tempo considerata un “satellite” della galassia Italia.
E proprio sul regionalismo differenziato anche la Corte dei conti ha manifestato qualche perplessità affermando che “per una maggiore autonomia delle regioni è necessario dotarsi di strumenti idonei di monitoraggio per evitare tensioni sul bilancio dello Stato”.
“Nel nostro paese, così come in Europa, stanno avvenendo dei fatti epocali che la Sicilia non può ignorare. Il cuore del dibattito non è più il modello di destra o di sinistra ma chi sarà capace di rispondere alle esigenze del territorio”. È la riflessione dell’economista Salvatore Grillo Morassutti.
“Di fatto manca una strategia per la nostra terra che possa riscattarla attraverso la realizzazione di fattori economici cosiddetti liberi. E la mia proposta è quella di un piano decennale da 20 mila miliardi per ribaltare il gap esistente tra il nord e il sud dando a quest’ultimo l’occasione perduta da anni nei vari settori nodali: dalle grandi infrastrutture ai servizi. Il ponte sullo Stretto e un polo aeroportuale ad Agrigento sarebbero quei tasselli che potrebbero innescare un circolo virtuoso non solo sul piano occupazionale ma anche su quello turistico”.
“Noi abbiamo svenduto la nostra identità – ha stigmatizzato il presidente dell’Unicoop Sicilia Felice Coppolino e segretario del Circolo di Palermo dei Siciliani verso la Costituente che ha aperto i lavori della tavola rotonda – ma adesso vogliamo costruire una nuova speranza e l’occasione di questo incontro è l’avvio per un cambio di passo e per dare un futuro alle nuove generazioni”.
“Esiste il rischio reale che le risorse destinate al settore cooperativo in Sicilia siano tagliate del 15 per cento”. È stato, invece, l’allarme lanciato dal presidente nazionale dell’UNCI (Unione nazionale cooperative italiane) Pasquale Amico. “Nei giorni scorsi abbiamo avuto a Roma un incontro con il ministro competente dal quale è emerso che per i primi tre anni le risorse verranno equamente distribuite ma che poi il fabbisogno sarà ripartito con quote fisse. E quindi, rispetto ad un nord che cresce, la Sicilia subirà inevitabilmente un taglio dei fondi”.
Quindi una situazione che delinea un quadro negativo per i prossimi anni nell’Isola alla quale è necessario rispondere, come ribadito dai partecipanti al dibattito, attraverso una voce che faccia sentire con forza le proprie istanze e la centralità di un territorio baricentro del Mediterraneo.
Non sono mancati anche gli interventi prima del docente universitario Andrea Piraino che ha parlato della necessità di “realizzare un Patto nazionale che argini il regionalismo differenziato che di fatto sarà un elemento destabilizzante per la Sicilia” e dopo del presidente dei “Siciliani verso la Costituente”, Salvo Fleres che ha ribadito come sia inderogabile “metterci la faccia in prima persona per uscire dal malinconico piangersi addosso tipico di noi siciliani”.
Intervenuto anche il presidente della cooperativa SOSVILE, Luciano D’Angelo che ha portato la sua esperienza sul tema dei beni confiscati alla mafia. “La Sicilia viene da una storia di ‘scippi’ sin dai tempi dell’Unità d’Italia e non meno sul tema dell’arretratezza rispetto agli interventi mai attuati. Per non parlare dello ‘scippo’ che hanno subìto le banche di credito cooperativo. E non ultimo il torpore delle classi intellettuali. Tutto questo ha generato il più grande ‘scippo’ ai danni delle intelligenze, e cioè dei nostri giovani costretti a fuggire al di là dello Stretto. E poi citando un dato: “i 63 mila beni confiscati alla mafia sui quali non vi è stata una riflessione seria sul loro utilizzo”.
Infine l’intervento dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza che proprio sul regionalismo differenziato è stato caustico parlando di una “proposta che non supererà, così come evidenziato nella relazione della Corte dei conti, i successivi passaggi tecnici e politici per come è stata strutturata. La classe dirigente della Regione siciliana – ha aggiunto Razza – ha a cuore il tema dell’autonomia in un quadro di seria difficoltà di crescita economica della Sicilia. E attraverso uno sforzo stiamo cercando di poter instaurare un confronto con lo Stato per portare avanti le richieste del nostro territorio. Non dimentichiamo però, che per oltre 20 anni, la vecchia politica ha creato sacche di precariato enormi che incidono in maniera gravosa sulla spesa corrente. Precariato che di fatto frena lo sviluppo e non consente di dirottare risorse da utilizzare per gli investimenti”.