La capitana Carola Rackete, dopo l’attracco in porto e la rischiosa manovra che ha messo in pericolo un’imbarcazione della Gdf, si trova agli arresti domiciliari. “Siamo vicini a Carola, la nostra Comandante. Da questa mattina, dopo aver condotto in porto le 40 persone, si trova agli arresti domiciliari a Lampedusa. La nostra Capitana continuava a chiedere: sono sbarcate le persone? Non facciamo altro che pensare a lei”, scrive su Twitter la Sea Watch.
L’accusa è di resistenza e violenza contro nave da guerra, che prevede una pena dai 3 ai 10 anni di reclusione. Per effetto del dl Sicurezza, l’Ong dovrà pagare una multa da 20mila euro. Intanto i 41 migranti sono stati fatti sbarcare e trasferiti nel centro d’accoglienza. Fonti del Viminale hanno spiegato che nessuno presenta “malattie o problemi particolari” di salute. La nave si trova adesso a due miglia dalla costa per non interferire con l’attracco dei traghetti e l’atterraggio degli aerei.
Intanto non mancano accuse e polemiche, ma anche solidarietà, per la capitana Carola. Duro l’affondo da parte della Francia, che ha annunciato che accoglierà dieci migranti, e della Germania: “La chiusura dei porti viola la legge del mare”. Per il ministro Castaner ‘”‘Italia fa scelte non concertate e poi attacca l’Ue”. Per Berlino, “salvare le vite umane è un dovere umanitario. Soccorrere vite umane in mare non può essere criminalizzato”. Salvini: “Non prendiamo lezioni”
Dalla parte del capitano della Sea Watch si è schierato anche il ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, che ha lanciato un appello al nostro Paese tramite un post su Facebook. All'”amico” e collega Enzo Moavero Milanesi, Asselborn ha scritto che “salvare vite è un dovere e non può mai essere un reato o un crimine. Non farlo, al contrario, lo è”. Il ministro ha quindi chiesto aiuto al suo omologo italiano affinché “Carola Rackete sia rimessa in libertà”.
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