Si chiama Miguel Duarte, ha 26 anni ed è un volontario portoghese, che dall’anno scorso è sotto processo in Italia con l’accusa di “favoreggiamento all‘immigrazione clandestina”. Il giovane rischia fino a 20 anni di carcere.
Il caso è stato tra i temi trattati nel bilaterale informale avvenuto a margine del Consiglio Ue tra il premier Giuseppe Conte e il suo omologo portoghese Antonio Costa.
Intanto Palazzo Chigi ha smentito le notizie di tensioni tra Roma e Lisbona per il caso di Miguel Duarte.
Secondo quanto riportano fonti del governo riportate da Ansa, il premier Costa ha chiesto a Conte alcune informazioni sulla vicenda e il capo del governo italiano ha dato alcune risposte generiche. Il motivo è – sottolineano le stesse fonti – che in Italia la magistratura è indipendente e non è possibile alcuna interferenza dell’esecutivo. Il colloquio tra Costa e Conte è stato “cordialissimo, è durato diversi minuti e si è parlato solo qualche minuto di questo caso”.
Costa è considerato un “astro nascente” del socialismo europeo e per questo, assieme al premier spagnolo Pedro Sanchez, tra i leader che sono in prima linea nelle trattative per le nomine dei top jobs.
Tuttavia il caso, in Portogallo, è da mesi sulle pagine dei giornali. Duarte, studente del Politecnico nel suo Paese, fa parte della Ong Jugend Rettet. È stato fermato assieme all’intero equipaggio mentre era imbarcato sulla nave Iuventa nel 2017. La sua attività, quindi, è iniziata prima dell’arrivo del governo giallo-verde e della stretta del decreto sicurezza sui flussi. La nave era impegnata nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo.
Ora Duarte rischierebbe 20 anni di carcere. “Invece di essere considerati alleati, difensori dei diritti umani che prestano il loro aiuto, siamo considerati nemici”. Lo ha spiegato solo tre giorni fa l’organizzazione per i diritti umani “Amnistia Internacional Portugal”, che si è proposta come osservatore negli sviluppi giudiziari della vicenda. Si legge sui media portoghesi.
E in terra lusitana il giovane è anche al centro di una campagna in difesa sua e degli altri volontari della Jugend Rettet: “Salvare vite non è un crimine”.