Il presidente dell’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente – AIDAA, Lorenzo Croce, scrive una lettera aperta indirizzata alla nota presentatrice di Canale 5, Barbara D’Urso. Croce invita Barbara D’Urso a non indossare abiti con piume di struzzo, perché queste sono il frutto di maltrattamenti sugli stessi animali.
Di seguito la lettera aperta indirizzata a Barbara D’Urso da Lorenzo Croce, presidente AIDAA.
Barbara D’Urso e le piume degli struzzi maltrattati
LETTERA APERTA A BARBARA D’URSO: COSI SI UCCIDONO GLI STRUZZI DI CUI LEI INDOSSA LE PIUME
“Gentile signora Barbara D’Urso,
sono Lorenzo Croce presidente dell’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente – AIDAA lei mi conosce per avermi ospitato in alcune occasioni nelle sue trasmissioni, le scrivo dopo aver ricevuto per l’ennesima volta segnalazioni dai nostri iscritti ed amici che la vedono in televisione indossare abiti composti da piume di struzzo vero.
Io capisco che lei debba probabilmente per questioni contrattuali ad indossare abiti di questo o quello stilista, ma la prego di considerare con attenzione queste poche righe, in cui mi permetto spiegarle che gli struzzi di cui lei indossa le piume sono animali maltrattati ed uccisi in maniera brutale, proprio per permettere a persone come lei che appaiono in televisione di indossare vestiti con le loro piume, vorrei ricordarle che questi animali secondo un’inchiesta fatta da una primaria associazione animalista internazionale questi animali vengono uccisi a migliaia per la realizzazione di borse e abiti in maniera crudele.
Secondo quanto riportato dai giornali di tutto il mondo gli struzzi negli allevamenti vengono ammazzati cosi: “Uno dopo l’altro vengono spinti in macchinari che li bloccano, li stordiscono con scosse elettriche prima di venire sgozzati. Sono questi gli ultimi istanti di vita di centinaia di struzzi brutalmente uccisi per diventare borse e scarpe vendute da molte grandi firme dell’alta moda mondiale. E non va meglio ai giovani esemplari che vivono pochi giorni, senza mai vedere la propria madre, prima di diventare materiale per portafogli. Tutto questo emerge da un’investigazione condotta in incognito dalla sezione statunitense della Peta (People for the Ethical Treatment of Animals), organizzazione internazionale per la difesa degli animali.”
Ora io mi chiedo come lei che in mia presenza si è definita animalista e ha piu volte accolto nei suoi studi persone che si definiscono tali a vario livello e titolo, possa passare sopra a questo massacro, a questa sofferenza di animali e dei loro cuccioli per questioni contrattuali, o ancora peggio per vanità?
Son certo che lei non leggerà mai questa lettera nelle sue trasmissioni (a me interessa che la legga lei) e che la vedremo ancora indossare abiti che sono fatti con parti di animali che hanno sofferto e sono stati ammazzati per far felice stilisti e persone che come lei si vestono cosi.
Se cosi non fosse, oppure se lei fosse interessata davvero a tutelare questi animali, magari non conoscendo il modo in cui questi animali vengono ammazzati la invito a non indossare più vestiti composte da parte di cadaveri di animali morti soffrendo e magari avere il coraggio di diventare lei stessa testimonial vivente contro a sofferenza, ci credo poco e spero meno ma a volte il buon senso prevale anche in chi non ce lo aspettiamo”.