Sono passati 70 anni dalla tragedia di Superga, il disastro aereo in cui scomparve il Grande Torino. Era il 4 maggio 1949 quando il Fiat G.212 della compagnia aerea ALI, siglato I-ELCE, con a bordo l’intera squadra del Grande Torino, si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga, che sorge sulla collina torinese. Le vittime furono 31.
La più grande tragedia del calcio italiano avvenne poco dopo le 17 di quell’indimenticabile 4 maggio. Il Grande Torino stava rientrando da Lisbona a bordo dell’aereo che decretò la sua fine. In Portogallo la squadra aveva giocato una partita amichevole contro il Benfica. L’incasso della partita doveva servire per aiutare il capitano della squadra lusitana, Francisco Ferreira, in difficoltà economiche.
Dopo 70 anni la tragedia di Superga è ancora impressa nel cuore e nella mente degli italiani. Il Fiat G.212 delle Avio Linee Italiane decollò dall’aeroporto di Lisbona alle 9:40 di mercoledì 4 maggio 1949. Comandante del velivolo è il tenente colonnello Meroni. Dopo uno scalo all’aeroporto di Barcellona, l’aereo proseguì per l’aeroporto di Torino-Aeritalia.
L’aereo sorvola senza intoppi Cap de Creus, Tolone, Nizza, Albenga, Savona. All’altezza di Savona, poi, virò verso nord, in direzione Torino. L’arrivo era previsto in una trentina di minuti ma qualcosa andò storto. Sul capoluogo piemontese, infatti, c’era un tempo pessimo. Nubi quasi a contatto col suolo, rovesci di pioggia, forte libeccio con raffiche, visibilità orizzontale scarsissima (40 metri). L’aeroporto comunicò la situazione meteo ai piloti.
Alle 16:59 l’aereo si trovava a “Quota 2.000 metri”. “QDM su Pino, poi tagliamo su Superga“, dissero i piloti alla torre che chiedeva la posizione. Poco più a nord di Pino Torinese c’è il colle di Superga con l’omonima basilica, in posizione dominante a 669 metri di altitudine.
Si suppone che l’altimetro si fosse bloccato a 2000 metri. Questo trasse in inganno i piloti che credevano di essere a quella quota, quando invece erano a circa 600 metri dal suolo. L’aereo effettuò quindi la manovra di discesa. Invece di allinearsi con la pista, però, si allineò con la collina di Superga.
Alle ore 17:03 l’aereo con il Grande Torino a bordo si va a schiantare contro il terrapieno posteriore della basilica di Superga. Il pilota, che credeva di avere la collina di Superga alla sua destra, se la vede invece sbucare davanti all’improvviso (velocità 180 km/h, visibilità 40 metri) e non ha il tempo per fare nulla. Dalla disposizione dei rottami, infatti, non si ravvisarono tentativi di virata. Delle 31 persone a bordo non si salvò nessuno.
Nella tragedia di Superga perse la vita l’intera squadra del Torino. Morirono anche i dirigenti e gli accompagnatori, l’equipaggio e tre noti giornalisti sportivi italiani.
Il Torino, allora, aveva vinto cinque scudetti consecutivi dalla stagione 1942-1943 alla stagione 1948-1949 e che costituiva la quasi totalità della Nazionale italiana. Il compito di identificare le salme fu affidato all’ex commissario tecnico della Nazionale Vittorio Pozzo, che aveva trapiantato quasi tutto il Torino in Nazionale.
I giocatori morti nella tragedia furono: Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Émile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Roger Revelli Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Romualdo Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Július Schubert.
I giornalisti erano: Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport); Renato Tosatti (della Gazzetta del Popolo, padre di Giorgio Tosatti) e Luigi Cavallero (La Nuova Stampa). I dirigenti Egidio (detto Arnaldo) Agnisetta, Ippolito Civalleri e Andrea Bonaiuti.
Fortunatamente qualcuno della squadra, assente su quell’aereo, riuscì a salvarsi. Lo spezzino Sauro Tomà, infatti, infortunato al menisco, non prese parte alla trasferta portoghese. Insieme a lui mancava anche il portiere di riserva Renato Gandolfi, sostituito dal terzo portiere Dino Ballarin.
Non presero quell’aereo anche il radiocronista Nicolò Carosio (bloccato dalla cresima del figlio), Luigi Giuliano (capitano della Primavera del Toro e da poco tempo in pianta stabile in prima squadra, fu bloccato da un’influenza) e l’ex C.T. della Nazionale nonché giornalista Vittorio Pozzo (il Torino preferì assegnare il posto a Cavallero).
Tommaso Maestrelli, pur giocando nella Roma, fu invitato a partecipare all’amichevole da Valentino Mazzola. Fortunatamente non prese il volo poiché non riuscì a rinnovare il passaporto presso la questura. Anche il presidente del Torino, Ferruccio Novo, non prese parte al viaggio perché malato d’influenza.
I resti dell’aereo, tra cui un’elica, uno pneumatico e pezzi sparsi della fusoliera, ma anche le valigie di Mazzola, Maroso ed Erbstein, sono conservati in un museo di Grugliasco alle porte di Torino. Il Museo del Grande Torino e della leggenda granata, ospitato nella prestigiosa Villa Claretta Assandri di Grugliasco, è stato inaugurato il 4 maggio 2008, anniversario della tragedia.
Il Torino fu proclamato vincitore del campionato a tavolino e gli avversari di turno, così come lo stesso Torino, schierarono le formazioni giovanili nelle restanti quattro partite. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l’ultimo saluto ai giocatori. Lo shock fu tale che l’anno seguente la nazionale si recò ai Mondiali in Brasile viaggiando in nave.
7 dei 18 calciatori sono sepolti presso il Cimitero Monumentale di Torino; altri 10 giocatori sono stati invece sepolti presso i propri comuni d’appartenenza, dopo aver ricevuto delle seconde esequie in forma privata.
Infine la salma di un ultimo calciatore è stata traslata negli anni Novanta dal Cimitero Monumentale di Torino ad un altro cimitero. Calciatori a parte, tutti coloro che si trovavano nell’aereo sono stati sepolti nel Cimitero Monumentale di Torino, con le uniche eccezioni dell’allenatore inglese e dei membri dell’equipaggio, per un ammontare complessivo ad oggi di 15 salme. 11 di esse, fra le quali quelle di 6 calciatori, riposano insieme nello stesso loculario ubicato nella Quinta Ampliazione.
Vittorio Veltroni redattore capo cronache della Rai il 6 maggio 1949, da Torino, effettuò la radiocronaca in diretta dei funerali della squadra di calcio Grande Torino dopo la tragedia di Superga. Quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l’ultimo saluto ai giocatori. Da allora ogni anno nella Basilica di Superga si celebra una Messa in ricordo della tragedia.
Così scrisse Indro Montanelli, il 7 maggio del 1949, sul Corriere della Sera: “Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta”.