Gli scienziati inglesi lanciano un allarme dopo aver analizzato gamberetti “al gusto di cocaina”. E non solo. “Tutti i gamberetti analizzati dagli scienziati presentavano tracce di cocaina, oltre a tracce di ketamina, pesticidi e medicinali”. Lo ha rivelato uno studio pubblicato dal King’s College di Londra, che ha analizzato i crostacei presenti in 15 corsi d’acqua nella contea di Suffolk. “Bisogna capire se possono essere rischiosi per la salute”, aggiungono gli scienziati.
Gamberetti “al gusto di cocaina”, l’allarme degli scienziati inglesi
Il ricercatore e promotore dello studio, Thomas Miller ha spiegato qual è la causa del fenomeno. Sembra che a contribuire alla presenza di tracce di cocaina nei gamberetti sia la contaminazione delle falde acquifere con gli scarichi delle industrie e con le fogne urbane.
Resta ancora da capire se questi gamberetti siano rischiosi per la salute umana. Il ricercatore, però, sembra non avere dubbi in merito. “I gamberetti avevano una quantità di sostanze tossiche minima all’interno del proprio corpo – ha spiegato Thomas Miller sul sito ufficiale dell’Università – e ritengo che ci sia un minimo impatto sulla salute per l’uomo. Siamo però davanti a un serio rischio per l’ambiente e la fauna locale”.
La ricerca si inserisce in una più ampia problematica europea: secondo l’Agenzia Europea di monitoraggio su droghe e dipendenze, si stima che circa 46 milioni di persone in tutto il continente, in 70 città, vivono in prossimità di acque fortemente contaminate da ogni sorta di droga, in special modo di ecstasy.
Quella dei gamberetti contaminati dalla cocaina, non è una novità per l’Inghilterra. Proprio il King’s College, sulla scia di una ricerca della Federico II di Napoli, ha pubblicato anche uno studio sulle anguille del Tamigi, diventate “aggressive e iperattive” a causa delle tracce eccessive di droga nelle acque del fiume.
A questo bisogna aggiungere un altro dato. I sistemi fognari britannici hanno un quantitativo molto più alto di sostanze tossiche rispetto alla media europea. La causa della diffusione di questo fenomeno è da ricercare nell’urina dei cittadini.
My contribution to society, you can thank me later 😄🦐 (keep your eyes peeled for the publication in Environment International!!) pic.twitter.com/B0C0CabseM
— Tom Miller (@The_ShrimpGuy) 1 maggio 2019