Si aggrava di ora in ora il bilancio a seguito degli scontri nel comprensorio di Tripoli, in Libia. Ad oggi si contano infatti 376 morti, 1.822 feriti e oltre 45200 sfollati dall’inizio della guerra in Libia. Lo ha reso noto su twitter l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in Libia.
Sempre l’Oms ha aggiunto di “unirsi all’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) e ad altre organizzazioni nel chiedere un immediato cessate il fuoco. Secondo l’Ocha sono 3.340 i rifugiati e migranti intrappolati in centri di detenzione situati in aree colpite dai combattimenti o in aree a rischio di conflitto armato.
Guerra in Libia, i numeri
“Bisogna fermare Khalifa Haftar” prima “che accada davvero qualche guaio”, anche in considerazione del fatto che il generale “ha dimostrato di essere militarmente molto debole”. In caso di una situazione di equilibrio bellico, “si rischia uno stallo che potrebbe andare avanti a lungo e con un grande perdente: le popolazioni libiche”. È il parere dell’ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare e della difesa, Vincenzo Camporini.
Camporini ha parlato di un “paradossale” equilibrio precedente all’attacco di Haftar, con “grande instabilità e grande stabilità allo stesso tempo, che poteva continuare per molti anni”. Secondo l’alto ufficiale, “importante è che ci sia l’unità di due elementi: la Compagnia petrolifera libica (Noc) e la Banca centrale”. Invece, “l’attacco di Haftar ha scombinato le carte e creato le premesse perché accada qualche guaio. Ora, bisogna fermare Haftar, dire che siamo equidistanti è politicamente molto sbagliato. Non si può appoggiare Haftar”.
L’Eni non rischia
“Non c’è un pericolo per l’Eni” nella guerra divampata in Libia, perché “il 95 per cento delle sue attività sono nell’area a occidente di Tripoli. Finché c’è una posizione forte di Misurata, che ha le migliori milizie sul terreno, non vedo rischi”, aggiunge Camporini. Secondo Camporini, l’Eni può contare anche su un buon “rapporto con il territorio, sviluppato nel corso dei decenni”. “Una politica per cui le popolazioni sono le prime a capire che è interesse di tutti il fatto che continuino queste attività; le popolazioni sono i primi difensori delle infrastrutture dell’Eni”
L’ex Capo di Stato maggiore della AM, è convinto anche della “necessità di trovare un accordo con la Francia”, sebbene tra Parigi e Roma ci siano “interessi sovrapponibili”: si possono “trovare elementi di convergenza che confluiscano insieme in una politica comune che salvaguardi gli interessi di Total e di Eni”. E gli Stati Uniti? “Della Libia agli Stati Uniti non interessa nulla, inoltre, una posizione ha il presidente Trump, un’altra il Pentagono e un’altra ancora il Dipartimento di Stato e questo non è bene”, ha concluso Camporini.