L’obiettivo degli specialisti è la prevenzione: c’è una grande attività nel mondo della ricerca. In arrivo un farmaco della famiglia degli anticorpi monoclonali. Il principio attivo si chiama Romosozumab e ha un’azione diversa da tutti gli altri.
Romosozumab è un anticorpo monoclonale concepito per inibire l’attività della sclerostina, ciò che consente all’anticorpo di aumentare la formazione ossea e di ridurre il riassorbimento dell’osso.
Il farmaco è appena stato approvato negli Stati Uniti e probabilmente entro fine anno riceverà il via libera in Europa.
I cambiamenti riguardano anche la diagnosi. L’apparecchiatura di ultima generazione si chiama Dexa-Moc, acronimo di densitometria ossea ed è più precisa rispetto alla tradizionale Moc. Alcuni lavori scientifici avevano però sollevato il dubbio di un rischio elevato di errori durante l’esecuzione dell’esame. Non è così. I problemi esistono se la paziente non viene posizionata bene sul lettino. Per questo negli States oggi chi la esegue deve avere un patentino. Da noi è bene rivolgersi a un centro Siommms (Società italiana dell’osteoporosi, metabolismo minerale e malattie dello scheletro). Gli studi dicono che la Dexa_Moc può rilevare il rischio che la malattia si manifesti in un arco di tempo pari a 25 anni. Manca però al momento un esame che venga in aiuto nei casi dubbi.
Con una particolare Tac ad alta definizione si può misurare il grado di porosità del tessuto osseo che compone le ossa lunghe come il femore e l’omero. Negli Stati Uniti e in Europa questa Tac viene già utilizzata nell’ambito degli studi scientifici.
Sei over 50 su 10 hanno una carenza di vitamina D. Dopo i 70 anni diventano otto su dieci e dopo gli 80 il problema riguarda tutte le donne. E non va sottovalutato. Perché la vitamina D aiuta il calcio introdotto con gli alimenti a fissarsi sulle ossa e si assume soprattutto attraverso la luce solare, esponendo viso, polso e mani per mezz’ora al giorno. La vitamina D andrebbe associata al farmaco antiosteoporosi in modo da potenziarne l’efficacia. Prima di iniziare la cura è bene sottoporsi all’analisi per misurarne il livello nel sangue. E il farmaco va prescritto dal medico che valuta la dose giusta in base al deficit e all’età.