“Grande fiamma tra i campanili” è la terribile profezia di Victor Hugo su Notre Dame. La cattedrale di Parigi è stata devastata dalle fiamme nella serata del 15 aprile. Due secoli prima, però, il celebre scrittore francese aveva previsto l’incendio nel suo romanzo “Notre Dame de Paris“.
“Grande fiamma tra i campanili”, la terribile profezia di Victor Hugo su Notre Dame
Era il 1831 quando Hugo descriveva all’inizio del suo romanzo un incendio il cui “clamore era straziante”. “Tutti gli occhi si erano alzati verso il sommo della chiesa – scriveva Hugo – , ciò che vedevano era straordinario. In cima alla galleria più elevata, più in alto del rosone centrale, c’era una grande fiamma che montava tra i due campanili, con turbini di scintille, una grande fiamma disordinata e furiosa di cui il vento a tratti portava via un limbo nel fumo”.
Quello a cui faceva riferimento lo scrittore francese, in realtà, non era un vero incendio. Si trattava di un espediente messo in atto dal campanaro Quasimodo per distrarre i cosiddetti “truands”. “Sotto quella fiamma – scriveva Hugo -, sotto la cupola balaustrata in tagliata a trifogli di brace, due grondaie fatti a fauci di mostri vomitavano senza posa quella pioggia ardente il cui argenteo scroscio risaltava nell’ombra della facciata inferiore”.
Il degrado di Notre Dame denunciato da Hugo
La cattedrale di Notre Dame versava già in un deprecabile degrado ai tempi di Victor Hugo. Lo scrittore francese, infatti criticava lo stato della cattedrale nel romanzo che gli avrebbe dato il successo eterno. L’obiettivo era quello di riuscire a far partire i necessari restauri per fermarne la rovina.
“Il tempo è cieco e l’uomo è stolto“, scrisse Hugo. E ancora: “Se avessimo il piacere di esaminare una ad una le diverse tracce di distruzione impresse sull’antica chiesa, quelle dovute al tempo sarebbero la minima parte, le peggiori sarebbero dovute agli uomini”.
In un capitolo Hugo scrive: “Senza dubbio è ancora oggi un maestoso e sublime edificio”. Ma, aggiunge, “così bello che è stato preservato con il passare degli anni, difficile non sospirare, non essere indignato per degradazioni, mutilazioni che il tempo e gli uomini hanno simultaneamente fatto al venerabile monumento, senza rispetto per Carlo Magno che aveva posato la prima pietra e per Filippo Augusto che aveva posato l’ultima”.