Continuano le indagini sul caso di Ousseynou Sy, l’autista che ha sequestrato e incendiato un bus con 51 ragazzi a bordo, a San Donato Milanese. Gli inquirenti e gli investigatori stanno cercando di acquisire il video-manifesto postato dall’uomo su un suo canale privato di una piattaforma web e inviato ai suoi conoscenti in Italia e in Senegal.
“L’ho fatto per dare un segnale all’Africa, perché gli africani restino in Africa e così non ci siano morti in mare”: lo ha detto in carcere a San Vittore Ouesseynou Sy, che ha poi riferito di essere un “panafricanista” e ha spiegato di sperare anche nella vittoria delle destre in Europa “così non faranno venire gli africani”.
“Volevo andare a Linate per prendere un aereo e tornare in Africa e usare i bambini come scudo“, ha detto ancora Ouesseynou Sy. L’autista di origine franco-senegalese ha più volte ribadito che non voleva fare loro del male. Ouesseynou Sy racconta la sua filosofia “panafricanista” con lucidità e dovizia di particolari. La sua idea è che l’Africa sia stata colonizzata e che l’Europa di approfitti del continente nero mettendo governi che fanno comodo all’Occidente, ed è per questo che gli africani sono costretti ad emigrare. Invece “gli Africani – ha sottolineato – devono restare in Africa ed è l’Occidente che non lo consente”.
“Scusi signore ci stanno rapendo su un pullman, ci minacciano con il coltello“. È la telefonata di uno degli adolescenti a bordo, che con fare lucido e preciso è riuscito a riferire all’operatore del 112 ciò che stava accadendo. “Chi vi sta tenendo in ostaggio?”, chiede il militare. “Il guidatore, ha un coltello in mano, veloce, c’è per terra della benzina, non resistiamo più”, risponde l’adolescente. “Mi servono delle altre indicazioni”, dice il carabiniere. “Certo, certo signore però la prego chiama qualcuno. Non è un film questo. Non possiamo perdere la vita. Sta andando verso la campagna”. “Sì, sì stai tranquillo”, replica il militare. E in tempo reale l’Arma organizza l’intervento che riuscirà a salvare tutti gli studenti.
A parlare della drammatica esperienza anche Ramy Shaheta, uno dei tre studenti che ha chiamato polizia e carabinieri salvando i compagni. Il 13enne ha nascosto il cellulare all’autista sequestratore, riuscendo a telefonare al 112: “Ha preso i telefonini di tutti, io sono riuscito a nascondere il mio così ho potuto chiedere aiuto. Ho chiamato due volte la polizia, tre volte i carabinieri e uno volta mio padre finché sono arrivati. A quel punto ho dato il telefono all’autista perché non si sentisse in pericolo, gli ho detto che l’avevo trovato per terra. Il momento più difficile è stato quando ha messo il coltello addosso ad un nostro compagno, già solo vedere il coltello ci ha fatto paura, poi ci ha spaventati gettando la benzina per terra. Io ho temuto il peggio proprio quando sono arrivati i carabinieri perché lui era molto nervoso, aveva in mano l’accendino e ci minacciava dicendoci che era pronto ad accendere il fuoco. Ma i carabinieri sono arrivati al momento giusto e quando hanno spaccato i vetri abbiamo capito di essere salvi”. “Da grande – infine racconta – vorrei fare il carabiniere“.
L’uomo spiegava le ragioni del suo “gesto eclatante” contro le politiche migratorie italiane, proprio all’interno del video. Lo stesso 47enne aveva parlato del video davanti ai pm nella giornata di ieri.
Dalle indagini è emerso che l’autista si mise in malattia alcuni anni fa quando gli venne sospesa la patente per guida in stato di ebbrezza. La Autoguidovie, società per cui lavorava in quel periodo, non seppe nulla dell’episodio.