Il presidente del consiglio di amministrazione e l’amministratore delegato della Blutec di Termini Imerese finiscono agli arresti domiciliari. Un vero terremoto per la società che si è insediata nell’ex stabilimento Fiat, destinataria oggi anche di un decreto di sequestro dell’intero complesso aziendale e di beni per oltre 16,5 milioni di euro.
Arresti Blutec, Di Maio: “Non abbandoneremo i lavoratori”
“Gli arresti del management della Blutec di Termini Imerese confermano alcune perplessità sui piani d’investimento. Non abbandoniamo i lavoratori che sono le vittime di questa storia“. Così il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ribadisce l’impegno sulla vertenza Blutec. “Prima di tutto dobbiamo mettere in sicurezza i lavoratori, contatteremo l’amministratore giudiziario per salvaguardarli”, aggiunge.
“Siamo preoccupati per le 700 famiglie di Termini Imerese, in ansia per il loro futuro, la giustizia seguirà il suo corso, per noi è ora importante mantenere l’occupazione ai lavoratori. Gli ultimi avvenimenti confermano le grandi perplessità sui piani di investimento, noi comunque assicuriamo la massima collaborazione istituzionale per trovare una soluzione al più presto. Per questo siamo in contatto col ministro Luigi Di Maio”. Lo afferma il deputato M5S all’Assemblea regionale siciliana, Giancarlo Cancelleri, commentando la notizia degli arresti del presidente del cda e dell’amministratorere delegato di Blutec.
“Non credo che il sogno del rilancio dell’area industriale di Termini Imerese venga spezzato con il sequestro della Blutec. Mi auguro di no”. Questo il commento del procuratore Ambrogio Cartosio, titolare dell’inchiesta. “La speranza – sottolinea il magistrato in conferenza stampa – è che questo polo industriale risorga. Ogni scelta che viene fatta deve essere ben ponderata. Ma questo attiene ad una valutazione politica. A noi spetta esaminare e riscontrare i fatti. La speranza è che si abbia uno scatto di fantasia in più’ su come questo polo possa essere rilanciato”.
Caos Blutec, indagati i vertici dell’azienda
Il blitz è scattato nell’ambito di un’attività investigativa coordinata dalla procura della Repubblica di Termini Imerese. I finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo hanno eseguito l’ordinanza emessa dal gip Termitano per il reato di malversazione a danno dello Stato.
Al centro del caso Blutec emerso nei mesi scorsi anche la restituzione di 20 milioni a Invitalia. Stabilita una misura interdittiva concernente il divieto per la durata di 12 mesi di esercitare imprese e uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Le accuse a Blutec
Il presidente e l’amministratore delegato della Blutec Roberto Ginatta e Cosimo Di Cursi devono rispondere della sparizione di gran parte della somma, tra i 20 e 21 milioni che lo Stato attraverso Invitalia aveva affidato all’azienda per favorire il rilancio del sito di Termini Imerese. A novembre l’azienda aveva presentato l’ennesimo progetto di rilancio del polo industriale palermitano che prevedeva l’occupazione di 694 lavoratori entro il 2020, con un cronoprogramma che avrebbe dovuto garantire dicembre 2018 l’ingresso di 115 lavoratori, a settembre 2019 di altri 100 e a dicembre 2019 di ulteriori 344.
Questi obiettivi sarebbero stati garantiti dalla eventuale conferma di tre iniziative industriali: elettrificazione del Doblò e del Ducato, assemblaggio delle batterie Samsung.L’azienda aveva sostenuto che stava procedendo a fornire tutte le documentazioni alla Guardia di finanza relativamente al vecchio contratto di sviluppo e di avere realizzato una nuova proposta da sottoporre a Invitalia per realizzare il piano industriale.
La Blutec spa, costituita nel 2014 a Pescara, aveva sottoscritto nel 2015 un accordo di programma con i ministeri dello Sviluppo Economico, del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Regione Siciliana e il Comune di Termini, per un importo complessivo di circa 95 milioni di euro, chiedendo agevolazioni pubbliche per oltre 71 milioni di euro (67 milioni per finanziamento agevolato e 4 milioni a fondo perduto).
A partire dal dicembre 2016, sono stati erogati alla società circa 21 milioni a titolo di anticipazione. Però “almeno 16 dei 21 milioni di contribuzioni pubbliche non sarebbero mai stati impiegati per i fini progettuali previsti, né restituiti a scadenza delle condizioni imposte per la realizzazione del progetti il 31 dicembre 2016, termine poi prorogato fino al 30 giugno 2018”, spiegano gli inquirenti, secondo cui “alcune spese sono state giudicate inammissibili, in altri casi i fondi pubblici sono stati utilizzati per l’acquisto di beni – per esempio software – per altre unita’ aziendali fuori dalla Sicilia”. E “a tutt’oggi, nonostante la revoca del finanziamento intervenuta ad Aprile 2018, le procedure di restituzione non sono state ancora avviate”.