Non usa giri di parole il vicepremier Matteo Salvini ribadendo quanto detto già in diverse occasioni: “Sono favorevole alla riapertura delle case chiuse“, ritenendo che questo con la dovuta regolamentazione dell’attività di prostituzione sia il modo migliore per “togliere alle mafie, alle strade ed al degrado questo business, controllarlo anche dal punto di vista sanitario, secondo il modello austriaco”. Pur essendo questo un tema ed un provvedimento non previsti nel contratto di governo, tuttavia i Cinque Stelle non mostrano una chiusura ideologica, anzi: “Le case chiuse sono un tema che va affrontato sgombrandosi da ipocrisie, come quello sulle droghe leggere. Va approfondito”, dice Stefano Patuanelli, capogruppo M5S al Senato.
Come procede
Il senatore Gianfranco Rufa della Lega ha già presentato un disegno di legge per la legalizzazione della prostituzione e la riapertura delle ‘case chiuse‘, che reca ‘disposizioni in materia di disciplina dell’esercizio della prostituzione’. Secondo il senatore Rufa, occorre dare risposta ad un’esigenza di “decoro civile e morale con un gesto di civiltà nei confronti delle prostitute che si trovano per strada”. Verrebbero abrogati i primi due articoli della legge Merlin e previsto il libero esercizio della prostituzione nelle abitazioni private (vietandolo in luoghi pubblici o aperti al pubblico), e l’istituzione presso la questura di un registro a cui sono tenute a iscriversi tutte le persone interessate a esercitarla.
Cosa prevede
La proposta di legge prevede delle sanzioni per chi dovesse contravvenire ai divieti ed anche dei significativi interventi “di carattere preventivo e sanitario”. Infatti, “chiunque esercita la prostituzione – si legge nella pdl – è tenuto a sottoporsi ad accertamenti sanitari ogni sei mesi e a esibire, a richiesta dell’autorità sanitaria o di polizia, l’ultima certificazione sanitaria ottenuta” e “chiunque esercita la prostituzione è tenuto a interromperne l’esercizio nell’ipotesi di accertamento positivo di patologie a trasmissione sessuale”. Si stabilisce inoltre che i redditi derivanti dall’esercizio della prostituzione sono soggetti a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.
Oggi il fenomeno è regolato dalla legge 20 febbraio 1958, n. 75 nota come legge Merlin, dal nome della promotrice nonché prima firmataria della norma, la senatrice socialista ed ex partigiana Lina Merlin. Approvata dopo dieci anni di discussione parlamentare, la legge decretò la chiusura delle case di tolleranza mettendo fine alla prostituzione controllata dallo stato, ai controlli sanitari ed introducendo i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione, con relative sanzioni per chi sfruttasse la prostituzione. Invece, la vendita del proprio corpo non fu considerato reato: per la legge Merlin la prostituzione in sé, volontaria e compiuta da donne e uomini maggiorenni e non sfruttati, restò però legale, in quanto considerata fra le scelte individuali garantite dalla Costituzione, come parte della libertà personale inviolabile. La notte che entrò in vigore la legge, il settembre del 1958, furono chiusi circa 600 bordelli (case chiuse) per via delle finestre sempre sbarrate per motivi di ordine pubblico e di privacy.
I commenti a riguardo
Pia Covre, fondatrice della Onlus ‘Comitato per i diritti civili delle prostitute’ obietta che: “Le case chiuse di Salvini sono un sistema di distrazione di massa. Forse è più facile parlare di questo piuttosto che della difficile situazione economica”, e la presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio, Valeria Valente, sostiene che la loro riapertura: “Non è dare più libertà e più protezione come dice Salvini. Credo che permettere allo Stato di guadagnare sul corpo delle donne sia lontanissimo dalla libertà: è sfruttamento e abuso. Giù le mani dalla legge Merlin!”.