L’ordine di carcerazione dei due manager tedeschi della Thyssenkrupp, emanato in Italia nel 2016, è valido e applicabile anche in Germania. Lo ha deciso il Tribunale regionale di Essen, che il 17 gennaio si è pronunciato sul caso di Harald Espenhahn e il 4 febbraio su Gerald Priegnitiz.
Un portavoce del tribunale ha spiegato che i due manager hanno impugnato la decisione e non potranno essere arrestati prima della pronuncia in merito.
Il portavoce ha chiarito anche che in Germania i due dirigenti non potranno comunque scontare una pena superiore ai 5 anni di carcere, cioè il massimo previsto per il reato di omicidio colposo. In Italia, la Cassazione aveva condannato Espenhahn a 9 anni e 8 mesi, e Priegnitz a 6 anni e 10 mesi, in seguito al rogo del 6 dicembre 2007, negli stabilimenti di Torino, dove morirono 7 persone.
La richiesta di arresto dei due condannati da parte della procura locale, accolta dai giudici Essen, è di alcuni mesi fa. Prima di pronunciarsi sull’applicazione della richiesta di carcerazione dei due dirigenti della Thyssen, il tribunale di Essen aveva chiesto all’autorità giudiziaria italiana la traduzione in tedesco di tutte le sentenze sul caso, oltre all’ultima della Corte di Assise di appello, fornita come da prassi. Pertanto, a luglio 2018, il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo, ha riunito un collegio di 8 traduttori, che in pochi giorni hanno portato a termine il compito. I documenti tradotti sono stati poi immediatamente trasmessi in Germania.
Protestano le famiglie delle vittime. “Sono disgustata – ha commentato Laura Rodinò, sorella di Rosario, uno dei 7 operai morti nel rogo del 2007 -, ci hanno presi in giro fin dall’inizio. Con tutto quello che ci hanno fatto passare, ci stanno facendo morire uno dopo l’altro”. In merito al ricorso dei manager tedeschi, ha detto: “Non posso immaginare che possa esserci ancora un altro appello. Siamo stufi, l’Italia non deve permettere una cosa del genere”, E ancora: “Quei due assassini sono stati condannati in Italia e devono rispettare la legge italiana, non ci importa niente di quella tedesca. Certo, sono contenta che i giudici tedeschi abbiano preso questa decisione, ma perché solo dopo tutto questo tempo e solo dopo che li abbiamo ‘stanati’ con la nostra battaglia? Ce ne hanno fatte passare talmente tante, che non possiamo non pensar male”.