Il sessantanovesimo festival della musica italiana è finalmente iniziato e si è sciolto così lo stretto riserbo sui testi delle canzoni e sull’intero svolgimento della manifestazione che ho continuato a seguire fino alla fine con il massimo interesse perché, come sempre si è detto, Sanremo è lo specchio di quanto la nostra società riesca ad esprimere attraverso la musica e la canzone italiana, quindi anche uno spaccato sociale del momento.
Per questo ho seguito fino alla fine. Per vedere, con profonda tristezza e malinconia, fino a che punto sarebbe stato possibile toccare il fondo del cattivo gusto, della volgarità e della mediocrità: devo dire che sono stati tutti molto bravi, perché peggio di così non deve essere facile!
All’apertura i magnifici tre sono già uno spettacolo: Baglioni, al quale qualcuno deve aver suggerito che per “stile” si intende un portamento tale e quale se si indossasse un busto di ferro, si è presentato con la solennità di un becchino; il signor Zelig, da bravo guitto, arriva sul palcoscenico con gli occhi spalancati ed il linguaggio a scartamento ridotto ed infine lei, la sublime Raffaele, appena alzata dal letto, confusa e scarmigliata in camicia da notte nera e bianca.
Lo spettacolo inizia e, ostinati come siamo a ritenere che “cantante” sia colui che esegue vocalmente una melodia, scopriamo che tra i ventiquattro partecipanti alla manifestazione canora più prestigiosa del bel canto italiano soltanto qualcuno è un cantante: quasi tutti hanno invece rappresentato la sfilata di un caravan serraglio di personaggi dagli abbigliamenti più ridicoli agitarsi sul palcoscenico, urlanti testi di chiaro contenuto politico, comunque sconnessi e spesso volgari, non cantati bensì recitati sulla base di una musica ossessiva eseguita da una bellissima orchestra, certamente eccessiva rispetto al livello: ed allo spettatore nazional popolare che segue dal divano di casa nasce spontanea la considerazione che se questi sono stati quelli selezionati in quanto migliori, figuriamoci che cosa dovevano essere quelli scartati!!
Finalmente viene annunciato un salutare intermezzo, che però purtroppo si rivela un noiosissimo, interminabile e stucchevole intervento di Bisio nelle vesti di difensore di Baglioni bersaglio delle polemiche pre-festival; però interessante, perché dal suo “finiamola qui” paternamente e categoricamente rivolto con occhi spalancati alla stampa, abbiamo capito che se Baglioni può essere libero di esprimere la propria opinione gli altri non devono ritenersi liberi di criticarlo.
Ultima nota: non più un fiore sul palcoscenico di Sanremo, tradizionale occasione e vetrina nazionalpopolare di trionfo di armonie e di colori d’Italia. Ma siamo sicuri che questo sia lo spaccato della nostra società?