Sguardo dolce ma deciso quello di Dacia Maraini che incontra i suoi lettori a Palermo e, nei locali della libreria Modus Vivendi, presenta la sua ultima opera “Corpo felice”, edita da Rizzoli. La “scrittrice delle donne”, a partire da un’esperienza personale, il dolore della perdita di un figlio mai nato, riflette sul senso della maternità guardata come “un’azione divina, quella di dare la vita”, dice, e sulle ingiustizie subite da sempre dalle donne. “Un momento così terribile non sarebbe servito a nulla se non mi avesse spinto a riflettere”, spiega Dacia Maraini.
Un saggio narrativo che si lega a scritti precedenti, alla poesia “Donne mie” o ancora a “Un clandestino a bordo”, ma dai quali si distacca per accompagnare il tema della maternità “con delle riflessioni anche da un punto di vista storico”.
“Corpo felice” e l’immaginazione
“Corpo felice” evoca anche il significato profondo dell’immaginazione. Dacia Maraini infatti parla con quel bambino concepito dopo il matrimonio con Lucio Pozzi, il pittore, e perso al settimo mese per un caso di placenta previa. Un figlio dal quale la donna non avrebbe mai voluto distaccarsi, quasi a voler morire insieme a lui, strappato da lei dalle “mani di ferro” del forcipe. Maraini elabora un dialogo aperto durante il quale Perdu, questo il nome del figlio mai conosciuto, cresce e diventa uomo. Un uomo però che usa violenza, nelle parole e nei gesti, e che viene salvato soltanto dall’amore di una donna.
Perdu recupera la sua umanità grazie all’amore che è l’unico modo di avvicinarsi e di creare dei rapporti, perché altrimenti diventa consumo. L’amore, l’attenzione – conclude – vuol dire riconoscere l’altro nella sua complessità.