In una fase di congiuntura economica instabile, con un paese come l’Italia che stenta a recuperare i livelli di produzione pre-2008 ed una riduzione della ricchezza generalizzata, la pensione rappresenta ancora un’ancora di salvezza per milioni di persone. Purtroppo, spesso l’uscita dal mondo del lavoro risulta traumatica a causa dell’aumento delle spese (mediche ma non solo), non più sostenuto dal reddito percepito in precedenza. Senza tener conto del fatto che, con una disoccupazione ancora molto alta, la pensione diventa un sostegno per i familiari in difficoltà.
Che fare, quindi? Fortunatamente, agendo con una certa lungimiranza, è possibile adottare le giuste misure per vivere una vecchiaia serena. Nessuna El Dorado, naturalmente. E sempre occhio ai rovesci della medaglia, come spiega una guida alla pensione integrativa pubblicata da Moneyfarm.
I Fondi pensione sono una delle scelte a cui tradizionalmente guardano i lavoratori. Si dividono in aperti e chiusi, e possono rappresentare una buona opzione, benché ormai abbastanza vintage. I Fondi pensione chiusi (o negoziali) sono riservati a specifiche categorie di lavoratori; regolati dai contratti collettivi, sono strumenti poco flessibili. Con i Fondi aperti i termini del discorso mutano di poco. I veri limiti dei Fondi pensione sono due. Innanzitutto, la quota da destinare è quasi sempre fissata e difficilmente mutabile; inoltre, i costi di gestione sono particolarmente alti e poco competitivi rispetto ad altri strumenti, emersi negli ultimi anni. Guardare altrove non è, quindi, follia.
Una buona soluzione può essere il PAC, acronimo di Piano di Accumulo Capitale. Serve lungimiranza e un po’ di coraggio, ma il risultato è assolutamente soddisfacente. Il PAC sostanzialmente è un grosso allocatore di capitali, funziona come un salvadanaio in cui versare una quota mensile. Grazie ad investimenti diversificati, al riparo dalle oscillazioni dei mercati azionari, con un orizzonte di 10/15 anni è possibile ottenere dei buoni guadagni. Il Piano di Accumulo è uno strumento abbastanza flessibile, di norma è possibile interrompere l’investimento senza pagare alcuna penale. Solitamente la quota mensile si aggira intorno ai 100€ circa, quindi se si decide di imbarcarsi in questa impresa, occorre avere alle spalle un reddito solido.
Altra opzione molto praticata di recente è il PIP, Piano individuale pensionistico. Simile al PAC, il PIP è pensato per accumulare risorse nel corso del periodo lavorativo ed erogarle poi sotto forma di pensione integrativa, magari con un incremento legato al rendimento. In realtà, il PIP negli ultimi anni non ha regalato grosse gioie ai propri risparmiatori, a differenza dei PAC che, specie se indirizzati agli ETF (una variante dei fondi comuni di investimento, meno redditizi ma più solidi in virtù della gestione passiva, finalizzata a replicare l’andamento medio di un titolo di riferimento, di norma l’oro), garantiscono un discreto ritorno del capitale investito. Rispetto ai PIP, però, i PAC non offrono vantaggi fiscali; sia i PIP che i Fondi, invece, garantiscono una deducibilità fino a 5164,57€.
Le soluzioni non mancano, e sembrano davvero per (quasi) tutte le tasche.