Puntualmente come in ogni legislatura ed indipendentemente dal colore politico della maggioranza, il tema della legalizzazione della cannabis torna ad interrogare politica e opinione pubblica. A dare il “via” allo scontro politico, sempre più frequente tra i banchi del governo gialloverde, sono state le proposte di legge depositate dai senatori del M5S Matteo Mantero e Lello Ciampolillo e rilanciate dal blog di Beppe Grillo. Nella prima si prevede la possibilità di coltivare fino a 3 piante in casa propria e di detenere fino a 15 grammi in casa e 5 grammi fuori casa. Nella seconda proposta, invece, si prevedono due diversi ddl che autorizzano la coltivazione di 4 piante: uno per uso terapeutico e l’altro ricreativo.
“La proposta di legalizzazione non passerà mai e non è nel contratto di governo”, si è affrettato a commentare il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini a margine dell’inaugurazione della sede dell’Ugl a Milano. Il motivo dello stop? Salvini tira in ballo questioni di programma: “C’è qualche parlamentare che si preoccupa di legalizzare le canne. Non è una priorità del paese non c’è nel contratto di governo”. Eppure, assicura l’ex senatore radicale Marco Perduca, il tema della legalizzazione delle droghe leggere troverebbe sostenitori bipartisan, a partire proprio da alcuni parlamentari della Lega “privatamente convinti” della necessità di un simile provvedimento.
Al momento, volendosi limitare alle reazioni a caldo, l’unico fronte compatto sul “no” sembra essere quello di Forza Italia: “La tutela dei giovani dalle dipendenze è un impegno che tutto il quadro politico dovrebbe condividere. Ecco perché siamo fermamente contrari ala legalizzazione della cannabis proposta dal Movimento 5 Stelle e tanto superficialmente caldeggiato dallo sesso Beppe Grillo”, dichiara la forzista Annagrazia Calabria. Secondo la giovane deputata: “Quello che viene definito ‘uso ricreativo’ della cannabis è, in realtà, un grave pericolo per le nuove generazioni, che devono essere avviate a maturare la cultura della salute e del rispetto di sé, non dello sballo. Peraltro, quella che imprudentemente viene definita ‘droga leggera’, come dimostrano molti studi apre le porte al consumo di stupefacenti pesanti e può causare l’insorgere di patologie psichiche latenti. Il senso di responsabilità deve prevalere sulla demagogia”.
Possibilista, ma con la consueta tendenza a creare correnti di pensiero più o meno alternative, è il Pd. In linea con gli ex alleati di governo è infatti il democratico Stefano Pedica: “Non ci sono droghe di serie A e B. Sono tutte pericolose e su un tema così importante non ci si può limitare a un dibattito parlamentare, serve un referendum“. Non è però dato sapere, sempre che ve ne sia una, la posizione ufficiale del partito. Il rischio, è come già avvenuto in passato, che sui temi etici si faccia ricorso al “liberi tutti” così da ottenere un doppio risultato: svincolarsi dall’imprevedibile esito del dibattito e non compromettersi politicamente.
E mentre in Italia la questione viene volutamente dibattuta su piani esclusivamente etici, negli Usa sono i “grandi temi” della legalizzazione a tenere banco. Basti pensare al caso della giovanissima deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez. La neo eletta al Congresso ha infatti assunto come consigliere politico Dan Riffle, un noto lobbista pro-cannabis, per tentare di porre fine alla cosiddetta “War on Drugs”, la battaglia contro le droghe. Una politica, quella proposta dalla Ocasio-Cortez, potenzialmente multi-fronte, come testimoniato dall’apertura del repubblicano della Florida Matt Gaetz, anche lui giovanissimo. E non è nemmeno corretto parlare di politica rivoluzionaria visto che negli Usa, tanto per citare qualche statistica, il 74% dei teenagers è favorevole alla legalizzazione.
Indipendentemente da quelle che sono le consuete battaglie politiche, verrebbe a questo punto da chiedersi se anche gli italiani spingano o meno per un’apertura alla legalizzazione della cannabis. Una risposta, in fondo poco sorprendente, la dà un sondaggio Ipsos del 2015. Il 67% degli italiani ritiene che la legislazione attuale sul tema sia inefficace e che una depenalizzazione del reato di consumo di droghe leggere possa essere auspicabile. Si tratta di un dato significativo che dà poco risalto alle differenze di colore politico proprio perché trasversale, con qualche eccezione tra gli elettori della Lega (il 58% non è d’accordo).
A convincere gli italiani della necessità di rivedere la legislazione sul consumo di droghe leggere, sembra essere il potenziale beneficio per il bilancio pubblico e per i contribuenti. Si stima infatti che in Italia ci siano oltre 4 milioni di consumatori di hashish e marijuana per un mercato che oscilla tra gli 8 e i 12 miliardi di euro all’anno. Con una regolare tassazione, come dimostrato ampiamente, gli introiti per l’erario sarebbero di primissimo rilievo. Sin qui, invece, a banchettare su questo ricco tavolo è stata solo criminalità organizzata. Una triste e mortifera tendenza che la politica, stando alla cronaca delle ultime ore, sembra non avere interesse a ribaltare.