Due milioni di euro, tanto lo Stato italiano ha chiesto alla famiglia dell’ex boss di cosa nostra Totò Riina per i suoi ventiquattro anni scontati al carcere duro. A notificare la cartella esattoriale alla moglie del padrino di Corleone, Ninetta Bagarella, è stata Riscossione Sicilia.
Ma il legale della famiglia, Luca Cianferoni, tenta di minimizzare: “A noi sembra una boutade perché la legge esclude espressamente che il rimborso per le spese di mantenimento in carcere si estenda agli eredi del condannato. Perciò stiamo studiando bene la questione per vedere in che termini è”.
Secondo l’articolo 189 del codice penale, infatti, esclude che l’obbligazione si estenda agli eredi se i costi vengono già addebitati in vita al detenuto. Riina fu arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 23 anni di latitanza e ne ha trascorsi 24 al 41 bis. Ad attivare la procedura di recupero del credito sarebbe stato, attraverso il ministero della Giustizia, il carcere di Parma, ultimo istituto penitenziario in cui il capomafia è stato detenuto ed è morto.