Il Governo fa fronte comune sul decreto Sicurezza. Nonostante le ultime polemiche sollevate dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, seguito da altri primi cittadini del Pd, Matteo Salvini non indietreggia. A sostenerlo anche il collega vicepremier del M5S, Luigi Di Maio. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, apre al dialogo.
“Molti sindaci che contestano il Decreto Sicurezza non lo hanno letto –
ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, a Chieti per la prima tappa del tour elettorale in Abruzzo – perché vengono garantiti il diritto alla salute, il diritto allo studio a tutti, i bambini non si toccano e non possono essere espulsi. Semplicemente non si regalano altri diritti ai furbetti come veniva fatto fino a ieri”.
Dopo aver chiarito i contenuti del decreto, il viceministro si sposta sulla protesta in corso. “Ma poi – ha aggiunto – sono dieci sindaci. In Italia ci sono ottomila sindaci, quindi andiamo a parlare degli altri 7.990. C’è qualche sindaco incapace che siccome non sa gestire Palermo, Napoli, Firenze e altre città, si inventa polemiche che non esistono. Immigrati regolari e perbene, i profughi veri, avranno più tutele con questo decreto; i furbetti e i finti profughi, spacciatori e stupratori, tornano a casa loro. Io vado avanti, sono convinto di fare gli interessi degli italiani, degli immigrati regolari perbene e dei profughi veri”.
“Avere una accoglienza così dopo sette mesi di Governo, in un momento comunque complicato, è motivo di orgoglio – ha continuato il ministro dell’Interno -. Per me la polemica non esiste, c’è una legge dello Stato, firmata dal presidente della Repubblica, applicata dal 99% dei sindaci”.
Il vicepremier Luigi Di Maio appoggia la posizione del collega della Lega in merito alla questione dei migranti: “Ci sono sindaci che ragionano – ha detto -se aprire o chiudere i porti. Vorrei ricordare che non hanno nessuna autorità per legge e quindi questo dimostra che tutte queste dichiarazioni fanno parte di una grande occasione per fare un po’ di campagna elettorale e chiedere un po’ di voti ai cittadini. Nessun Governo dirà mai ad un sindaco di disobbedire ad una legge dello Stato. Come Governo non lo diremo perché l’abbiamo sostenuta e la portiamo avanti: se c’è qualche membro della maggioranza che si sente a disagio si deve ricordare che ne è membro e che questo dl l’ha votato, che il governo lo sta applicando, che lo sosteniamo. La protesta dei sindaci è una boutade politica. Se ci saranno dei ricorsi che in via incidentale andranno alla Corte Costituzionale e sarà la Corte a giudicarli”.