Un parco intercomunale attorno al fiume Oreto e un disegno di legge per realizzarlo. Questo l’obiettivo della Commissione Territorio e Ambiente riunitasi questa mattina all’ARS a seguito della conclusione delle “3 giornate per il Fiume Oreto”, che si sono svolte dall’8 al 10 novembre e volute dal Comitato “Salviamo L’Oreto”.
La tre giorni organizzata dal comitato è stata finalizzata ad analizzare la situazione del corso dell’Oreto e alla riflessione sugli interventi da attuare, primi tra tutti la rinaturalizzazione e la deimpermeabilizzazione urbana. Grazie all’impegno di AIPIN (Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica), gli incontri hanno raccolto anche i contributi del più grande esperto al mondo di ingegneria naturalistica Florin Florineth dell’Università di Vienna e di Gioia Gibelli del Politecnico di Milano e Presidente della SIEP Iale, Società Italiana di Ecologia del Paesaggio.
Dal confronto sono emersi due dati importanti. “Il primo intervento riguarda l’alveo di magra (il letto del fiume, n.d.r.) – spiega Gianluigi Pirrera, vice presidente di AIPIN – dove vorremmo che venissero sfruttate le lesioni nel calcestruzzo, peraltro di cattiva qualità, per favorire l’ingresso dell’acqua e farvi crescere nuova vegetazione fitodepurante”.
Con questo processo, che guarda sia alla naturalità del sito sia alla qualità delle acque, le piante alloctone e invasive verrebbero eliminate e sostituite da vegetazione volta alla valorizzazione del fiume e all’incremento di arbusti di valore storico, come i papiri, ancora presenti nell’area fluviale. “L’inserimento di piante fitodepuranti avrebbe anche un valore ecologico – continua Pirrera – per la nidificazione degli uccelli e per gli anfibi”. Un intervento multifunzionale che si concentra sul mantenimento della funzionalità idraulica, dell’estetica del paesaggio in chiave naturalistica e infine del miglioramento dell’acque.
Un altro aspetto da considerare riguarda il deflusso della acque urbane. La città di Palermo infatti non ha più un naturale e adeguato drenaggio urbano, causa questa di frequenti allagamenti. “Se aumentiamo la superficie permeabile in città – sottolinea Pirrera – è possibile rallentare il deflusso permettendo alle acque di arrivare al fiume più tardi e riducendo notevolmente quindi il rischio idraulico. Nello stesso tempo la permeabilità influisce anche sulla qualità delle acque: il terreno contribuisce a depurare l’acqua prima che arrivi al fiume. La permeabilità può essere per esempio aumentata – suggerisce – con parcheggi drenanti”.
Inoltre da un calcolo di Gioia Gibelli, l’intervento di deimpermealizzazione porterebbe ad un risparmio di circa 12 milioni di euro l’anno migliorando la qualità delle acque.
Contestualmente non bisogna dimenticare il piano di recupero delle fasce fluviali “volto a una nuova pianificazione delle aree a rischio. Ciò permetterebbe di risolvere anche il problema dell’abusivismo dovuto alla presenza di abitazioni irregolari per esempio alla foce del fiume Oreto. Lo stesso vale – conclude l’ingegnere – per il ponte dell’Ammiraglio costruito in piena area di meandrizzazione del fiume”.