Due anni di carcere per l’ex attaccante della Juventus e della Nazionale campione del Mondo Vincenzo Iaquinta coinvolto nel processo di ‘Ndrangheta Aemilia. La Dda aveva chiesto sei anni per reati legati alle armi, mentre il padre dell’ex calciatore, Giuseppe, accusato di associazione mafiosa, è stato condannato a 19 anni. Padre e figlio hanno lasciato l’aula del tribunale urlando “vergogna, ridicoli“.
“Il nome ‘ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese – ha commentato Iaquinta fuori dall’aula del Tribunale – Noi non abbiamo fatto niente perché con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente”.
“Se in passato ci sono state sottovalutazioni o superficialità di analisi rispetto alla penetrazione delle mafie nel nostro territorio, adesso in Emilia-Romagna nessuno si volta più dall’altra parte, negandone il pericolo. Chi lo dovesse fare si renderebbe complice di una realtà che non è più negabile”, lo ha detto l’assessore regionale alle Politiche per la legalità, Massimo Mezzetti.
Questo lo si deve anche al “grande impegno che la Regione ha profuso in questi anni fino al sostegno concreto allo svolgimento dei processi sul nostro territorio, alla nostra costituzione come parte civile e con la testimonianza, altrettanto importante, di una comunità regionale che si è schierata senza se e senza ma con gli inquirenti, la magistratura e gli agenti delle forze dell’ordine impegnati nella battaglia per la legalità, a cui va il grazie di tutti noi”.