Al termine dell’interrogatorio nel carcere di Regina Coeli, il gip di Roma Maria Paola Tomaselli ha convalidato il fermo dei tre indagati per la morte e lo stupro di Desirée mariotti. Si tratta del senegalese Mamadou Gara, del suo connazionale Brian Minteh e del nigeriano Alinno Chima. L’unico a rispondere alle domande del gip è stato Gara, mentre gli altri due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere: ai fermati il pm contesta i reati di omicidio volontario, violenza sessuale e cessione di stupefacenti. Per il quarto uomo, Yusif Salia, il fermo sarà convalidato nel carcere di Foggia, dove è detenuto.
Intanto emergono dettagli agghiaccianti sugli ultimi attimi di vita della giovane Desirée. Secondo quanto ricostruito, l’unico tentativo che hanno fatto per salvare la vita della ragazza morta in uno stabile abbandonato a San Lorenzo, a Roma, è stato somministrarle “acqua e zucchero”. Poi, quando hanno visto che stava diventando cianotica, “l’hanno messa su un divano, dopodiché moriva”.
Qualcuno avrebbe detto: “Meglio che muoia questa tossica”, riferisce uno dei presenti in via dei Lucani. Dal verbale degli interrogatori del gip e dall’audizione dei testimoni, emergono le testimonianze del Di Leo: “Un giovane africano di cui non ricordo il nome mi ha confidato che lui si trovava dentro al capannone… avrebbe visto Desirée deceduta con gli abiti strappati. Mi diceva che alla sua presenza la giovane si è sentita male quindi le hanno dato acqua e zucchero poi visto che diventava cianotica veniva adagiata su un devano e moriva”.
Un altro dei presenti ha detto agli inquirenti di essere entrato “all’interno dello stabile, ho sentito una ragazza che piangeva e urlava frasi come: ‘Voi l’avete uccisa, voi l’avete violentata’ e si rivolgeva a tre uomini chiamandoli per nome: Pako, Sisko e Ibrahim”. E secondo i pm, Desirée sarebbe stata “prima drogata e poi sottoposta a ripetuti rapporti sessuali non consenzienti“, come provato anche da “varie lesioni riscontrate sul corpo e sulle parti intime”. Intanto gli inquirenti sono tornati per nuovi sopralluoghi nello stabile di via dei Lucani.
Ma il 46enne nigeriano Alinno Chima si è difeso affermando: “Non mi sarei mai permesso neanche di toccare Desirée, perché si vedeva che era una bambina”. “Il mio assistito ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere perché non è in grado di capire di che cosa è accusato”, ha riferito la sua legale al termine dell’interrogatorio di convalida.