Jeremy Corbyn è leader del partito laburista britannico dal 2015, sicuramente una personalità fuori dal comune. Le sue idee politiche lo collocano in una posizione di sinistra estrema quale non si vedeva da decenni nella politica del Regno Unito. Siamo agli antipodi dal New Labour di Tony Blair, caratterizzato dall’accettazione del neoliberismo e dalla strettissima alleanza strategica con gli Stati Uniti.
Il Labour Party dominato da Corbyn è invece caratterizzato da tre idee di base, che contrastano profondamente con il mainstream neoliberale degli ultimi decenni. La prima è che “il popolo” e “i potenti” sono in conflitto permanente fra di loro. Per Corbyn le masse oppresse sono definite non solo dalla classe sociale di appartenenza, ma anche da genere, razza ed orientamento sessuale. La seconda idea è che l’imperialismo occidentale è la causa primaria dei problemi del mondo non sviluppato, dalla povertà alla mancanza di democrazia.
Jeremy Corbyn contro l’imperialismo occidentale
I nuovi leader laburisti guardano alla superpotenza americana come fonte di problemi a livello mondiale e trattano i suoi oppositori, come il venezuelano Nicolas Maduro, da eroi antimperialisti. Corbyn detesta Israele non perchè sia antisemita ma perchè lo vede come la perfetta incarnazione di un arrogante imperialismo occidentale. Per lui i palestinesi e i libanesi di Hezbollah sono eroici combattenti per la libertà. La terza idea del nuovo Labour inglese è che il capitalismo è un sistema che funziona molto male, caratterizzato da irrazionalità e contraddizioni alle quali bisogna assolutamente porre rimedio.
Fino a una quindicina di anni fa le idee di Corbyn riscuotevano successo solo in ristretti ambienti sindacali e universitari, oggi però stanno conquistando numerosi britannici, soprattutto giovani. In effetti l’elite economica e politica britannica è stata screditata da numerose debacle, dalla fallimentare guerra in Iraq del 2003 alla devastante crisi economica del 2008. Inoltre molti giovani del Regno Unito sono vittime dei meccanismi infernali della nuova economia digitalizzata, che li confina in lavoretti precari e malpagati.
Jeremy Corbin sulla Brexit
Un punto debole di Corbyn è che non sembra avere un’opinione chiara sulla più importante questione politica per il Regno Unito oggi, cioè la Brexit. Prima ha dichiarato che avrebbe rispettato l’esito del referendum del 2016, oggi pare averci ripensato e non nasconde l’idea di rifare il referendum sperando che una maggioranza di britannici voti per riagganciarsi all’Unione Europea.
Una figura chiave nel nuovo partito laburista corbyniano è John Mcdonnell, responsabile della politica economica. E’ un radicale anche lui e propone di: aumentare le tasse alle grandi imprese, costringerle a dare un terzo dei seggi nei loro consigli di amministrazione a semplici impiegati e riscrivere le regole del Ministero del Tesoro sugli investimenti in modo da canalizzarli non verso Londra ma verso le regioni povere del Nord dell’Inghilterra. Corbyn spera che alle prossime elezioni parlamentari britanniche il suo Labour sorpassi i conservatori nel numero di seggi conquistati e di diventare così Primo Ministro del Regno Unito.
L’ambizione certo non gli manca. Fino a qualche anno fa nessuno avrebbe scommesso che un uomo di estrema sinistra come lui potesse diventare leader di uno dei maggiori partiti politici del Regno Unito. Dobbiamo però ricordarci che viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, di elettorati disorientati e di populismi, siano essi di destra o di sinistra, in ascesa quasi ovunque.