I primi ministri giapponesi di solito vanno e vengono rapidamente, ma Shinzo Abe e’ stato in carica per più tempo che i precedenti cinque messi insieme.
Qualche settimana fa è stato rieletto facilmente per la terza volta consecutiva a capo del Partito Liberaldemocratico. Questo partito ha vinto con grande distacco sugli avversari le elezioni parlamentari del 2017; dunque Abe dovrebbe restare tranquillamente in carica fino al 2021. Se ce la farà diventerà il primo ministro giapponese più longevo da quando nel paese esiste questa carica, cioè dal 1885.
Sotto la sua guida, il Partito Liberaldemocratico ha vinto con tranquillità tre elezioni per la Camera Bassa e due per la Camera Alta. Con i suoi partners di coalizione controlla più di due terzi del Parlamento di Tokyo. Abe è stato anche capace di mettere un freno al correntismo esasperato che piagava da decenni il suo partito. Ora che e’ stato rieletto, Abe dovrebbe usare il suo potere per completare il proprio programma di riforme economiche. Il pericolo è che invece si intestardisca a cercare di cambiare la Costituzione pacifista del Giappone. La longevità politica del primo ministro è stata una benedizione per il paese, visto che ha garantito continuità nelle politiche.
Il Pil ha ripreso a crescere
Dopo uno stallo di decenni, il Pil giapponese ha finalmente ripreso a crescere, anche se di poco. Ciò è dovuto alle politiche economiche attuate dal governo guidato da Abe, vale a dire grandi investimenti pubblici e una politica monetaria espansiva. Il Giappone guidato da Abe vorrebbe avere anche un maggior ruolo negli affari internazionali; il primo ministro ha rafforzato l’esercito giapponese e impegnato truppe in alcune missioni di peacekeeping dell’Onu. Da alcune settimane, un sottomarino giapponese pattuglia il mar cinese meridionale, per contrastarvi, insieme con l’alleato Usa, l’espansionismo della Cina di Xi Jinping.
E’ comprensibile che Abe voglia che una grande potenza economica come il Giappone giochi un ruolo più importante negli equilibri militari internazionali, ma il rischio è che il primo ministro faccia di questo tema un’ ossessione, impantanandosi in uno scontro con il potente movimento pacifista, e dimenticandosi delle ben più importanti riforme economiche. In effetti, ciò di cui il Giappone ha più bisogno oggi, non è una politica estera più normale, ma un’economia più normale. Abe ha fatto molto in termini di politiche fiscali e monetarie, ma adesso deve darsi da fare sulle riforme strutturali.
Qualcosa e’ stato timidamente fatto: il governo di Tokyo ha esposto settori prima protetti alla competizione internazionale, sta progettando molti accordi commerciali con altri paesi asiatici, e ci sono promesse di alzare l’eta’ pensionabile. Serve pero’ molto di più, soprattutto a causa della disastrosa situazione demografica giapponese; nel paese, infatti, nascono ogni anno pochissimi bambini, e gli anziani sono una grande percentuale della popolazione. Abe deve cercare di integrare maggiormente le donne nel mondo del lavoro e anche di rompere il tabù immigrazione, aprendo il paese all’afflusso di giovani lavoratori stranieri. Se non riuscirà a portare avanti queste coraggiose riforme, Shinzo Abe avrà meno strumenti per far fronte al potente rivale cinese,e sarà ricordato dalla storia come un premier longevo ma abbastanza ininfluente.