La Dia di Messina, supportata dal Centro Operativo di Catania, ha sequestrato un ingente patrimonio a Nunzio Ruggieri, imprenditore operante nel settore della macellazione e commercializzazione del pellame. Il patrimonio, ritenuto frutto di usura, avrebbe un valore complessivo prudenzialmente stimato in 9 milioni di euro.
Messina, sequestro da 9 milioni a imprenditore
Nunzio Ruggieri, pur non avendo dichiarato redditi ufficiali sufficienti e capienti, era riuscito con l’illecita attività usuraia, nel periodo esaminato, ad incrementare il suo patrimonio personale ed imprenditoriale, anche intestandolo a congiunti parenti, di fatto suoi fidati prestanome. I flussi finanziari intercettati durante l’indagine, anche in riferimento ad anomali aumenti del patrimonio attraverso versamenti in “contanti” nelle casse sociali delle società, difformemente alle previsioni in materia di antiriciclaggio, non risultano giustificati dalle evidenze ufficiali.
È stato il collaboratore di giustizia Santo Lenzo – legato alla mafia nebroidea – a fare il nome di Ruggieri. L’imprenditore avrebbe avuto collegamenti con elementi di vertice della criminalità organizzata tortoriciana, come lo stesso Lenzo, Cesare Bontempo Scavo e Carmelo Armenio.
Da alcune dichiarazioni di Lenzo risalenti al 2002, emerge che Ruggieri, nel 1999, tramite Carmelo Armenio – referente della criminalità organizzata sul territorio di Brolo, in provincia di Messina, “aveva chiesto che fossero incendiati i mattatoi di Sinagra, Barcellona P.G. e Giammoro, impegnandosi, nel contempo, a versare lire 50.000.000 all’organizzazione mafiosa” che lo avrebbe verosimilmente favorito. L’intento criminoso non giunse a compimento “per l’opposizione dei rappresentanti della criminalità organizzata barcellonese”.
Già nel 2005, la Corte d’Appello di Messina aveva condannato Ruggieri – irrevocabilmente dal 2009 – per la sua lucrosa e continuativa attività usuraia. Negli anni tra il 1998 e il 2000, l’imprenditore avrebbe agito illecitamente nei confronti di un dipendente di banca che, per la sua personalità facilmente condizionabile, aveva creato all’istituto di credito in cui lavorava, un dissesto economico di circa 76 milioni di lire, attraverso la negoziazione di tre assegni. Il dipendente aveva cercato di colmare il vuoto attraverso alcune “amicizie”, tra le quali lo stesso Nunzio Ruggeri, ma i prestiti ottenuti si sono rivelati poi di natura usuraia.
Nunzio Ruggieri ha alle spalle una lunga serie di pregiudizi. Nel 2002, insieme ad altri 20 soggetti, è stato denunciato dalla guardia di finanza di Melito Porto Salvo (RC), come utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti emesse da una società di San Lorenzo (RC) nel commercio all’ingrosso di cuoio e pelli; nel 2005, è stato denunciato dal Nucleo Antifrodi del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari di Roma, per i reati di falso ideologico aggravato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, e rinviato a giudizio quale legale rappresentante di una società oggi sottoposta a sequestro; nel 2012, a seguito di attività di indagine dei Carabinieri di Sant’Agata di Militello, è stato rinviato a giudizio per il reato di usura continuata in danno di un imprenditore agrumicolo cui aveva applicato tassi di interesse del 10% mensili su somme prestate illecitamente; da ultimo, nel 2016, è stato rinviato a giudizio presso la Procura di Patti, per abusivismo finanziario, a seguito di attività d’indagine della Guardia di Finanza di Capo d’Orlando che ha rivelato l’illecita concessione di mutui con numerose dazioni, tra il 2005 ed il 2010, di somme di denaro per complessivi 794.225 euro.
Con l’odierno provvedimento sono stati apposti i sigilli a: 2 imprese comprensive di capitale sociale e compendio aziendale; quota pari al 20% del Fondo Consortile di un Consorzio; 20 unità immobiliari (fabbricati e terreni); 23 mezzi personali ed aziendali; vari rapporti finanziari, anche intestati a soggetti terzi individuati, per un valore complessivo prudenzialmente stimato in 9 milioni di euro. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale Misure di Prevenzione di Messina su richiesta del direttore della Dia, Giuseppe Governale e della Dda di Messina, guidata da Maurizio De Lucia.