I sodalizi tra l’Italia e l’estero, in materia di criminalità organizzata, risultano sempre più saldi. È quanto emerge dalla Relazione semestrale della Dia, Direzione Investigativa Antimafia. Gli ambiti in cui maggiormente opera la criminalità italiana sono il narcotraffico e la contraffazione, ma un nuovo scenario ha cominciato a prendere sempre più campo, quello del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Droga, armi e tratta di umani”: il nuovo business delle mafie
“Lo scenario criminale nazionale continua a essere segnato da una interazione tra i sodalizi italiani e quelli di matrice straniera”, si legge nella relazione in cui la Dia spiega che “accanto al narcotraffico e alla contraffazione su scala mondiale, gestiti da ramificate holding malavitose transnazionali, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è uno dei principali e più remunerativi business criminali”.
Collaborazioni malavitose con l’estero: con il consenso degli autoctoni al Sud, più autonome al Nord. L’analisi condotta ha permesso di accertare che la collaborazione tra le associazioni malavitose italiane e quelle straniere assume “connotazioni particolari a seconda dell’area geografica in cui tali sinergie vengono a realizzarsi. Nelle regioni del Sud Italia i gruppi stranieri agiscono, tendenzialmente, con l’assenso delle organizzazioni mafiose autoctone mentre, nelle restanti regioni, tendono a ritagliarsi spazi di autonomia operativa, che sfociano anche in forme di collaborazione su piani quasi paritetici”.
Droga, armi e contraffazione sono gli ambiti in cui prospera maggiormente la criminalità organizzata. “In tale contesto – si legge ancora nella relazione -, il traffico di stupefacenti, quello delle armi, i reati concernenti l’immigrazione clandestina e la tratta di persone da avviare alla prostituzione e al lavoro nero (anche attraverso il “caporalato”), la contraffazione, i reati contro il patrimonio e i furti di rame, sono solo alcuni dei settori dell’illecito maggiormente rappresentativi dell’operatività della criminalità straniera in Italia”.
Il nuovo campo di attività per le organizzazioni mafiose è quello del favoreggiamento dell‘immigrazione clandestina. “Accanto al narcotraffico e alla contraffazione su scala mondiale, gestiti da ramificate holding malavitose transnazionali – spiega la Dia -, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con tutta la sua scia di reati satellite, per le proporzioni raggiunte e grazie a uno scacchiere geo-politico in continua evoluzione, è uno dei principali e più remunerativi business criminali”.
Le infiltrazioni mafiose nella Capitale
Le infiltrazioni mafiose nella Capitale palesano una situazione molto grave. Sembra infatti che l’interazione della mafia romana con organizzazioni siciliane, campane e calabresi avvenga tramite quelle che vengono definite come “qualificate proiezioni delle organizzazioni di tipo mafioso italiane (siciliane, calabresi e campane in primis) che sono riuscite agevolmente ad adattarsi alle caratteristiche socio-economiche del territorio di elezione”.
Le capacità di adattamento si estendono anche all’estero. “All’occorrenza – si legge nella relazione della Dia -, queste compagini criminali sanno perfettamente intersecare i propri interessi non solo con i sodalizi di matrice straniera ma, anche, con le formazioni delinquenziali autoctone che, pur diverse tra loro, in termini di modello strutturale e di azione connessa all’esercizio del potere criminale, hanno adottato il modello, organizzativo e operativo, di tipo mafioso, per acquisire sempre più spazi nell’ambiente territoriale di riferimento”.
Le organizzazioni criminali locali hanno assunto ormai una struttura e dei metodi di stampo mafioso vero e proprio, pertanto sono finite nel mirino della Dia “tutte quelle ulteriori formazioni criminali, come quelle stanziate in alcune aree della Capitale, che, basate su stretti vincoli di parentela, evidenziano sempre di più modus operandi assimilabili alla fattispecie prevista dall’articolo 416 bis c.p. e funzionali alla gestione di attività illecite tipiche, come traffici di droga, usura, estorsioni e reati contro la persona”.
Nella relazione si sottolinea poi il complesso lavoro di contrasto operato dalla Dia verso le organizzazioni criminali “romane”, soprattutto dopo la “sentenza emessa il 26 ottobre 2017, dalla Suprema Corte di Cassazione, nell’ambito della nota inchiesta Nuova Alba, che ha riconosciuto la sussistenza del metodo mafioso adottato sul territorio di Ostia dalla famiglia Fasciani, annullando con rinvio la sentenza di secondo grado”.
Un episodio che ha avuto una “vasta eco mediatica” è quello del giornalista aggredito da un esponente della famiglia Spada, legato da vincoli di parentela con i Casamonica, mentre cercava di intervistarlo. L’intervento però è stato immediato. “A distanza di pochi giorni dall’accaduto – si legge -, la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ha disposto il fermo, successivamente convalidato, dell’aggressore per lesioni e minacce, aggravate dal metodo mafioso”.
Le attività dei Casamonica sono sempre al centro del lavoro della Dia. Il clan infatti “poggia il suo potere su una solida base familiare” e “tra le attività tipiche del sodalizio primeggiano le condotte usurarie ed estorsive, i reati contro la persona, i traffici di droga ed il reimpiego di capitali illeciti”.
Il modus operandi della criminalità organizzata
Tra vecchio e nuovo, il modus operandi delle diverse organizzazioni criminali presenti in Italia cambia in base al clan e alla zona, pertanto anche il metodo di contrasto utilizzato dalla Dia deve adeguarsi ai soggetti. Quello che emerge è una tendenza a “condizionare scelte politiche e amministrative, regolare rapporti con imprese, enti, banche ed istituzioni”. Questo avviene soprattutto attraverso le “cosche”, come quelle favorite dalla ‘Ndrangheta, per la quale “i riti iniziatici di affiliazione e di passaggio di grado” sono ” indispensabili per definire appartenenza e gerarchie interne, per rafforzare il senso di identità e per darle “riconoscibilità” all’esterno”. Un fenomeno simile si registra nelle province calabresi in cui “ricorrono costantemente figure imprenditoriali asservite, se non, addirittura, diretta espressione delle cosche”.
Gruppi e famiglie che si evolvono. “Accanto alla Provincia di Napoli – conclude la relazione della Dia -, quella di Caserta si conferma l’area a più alta densità mafiosa della Campania. Qui, il gruppo dei Casalesi, che fa capo alle famiglie Schiavone, Iovine, Zagaria e Bidognetti, attrae la maggior parte dei clan che operano nella provincia di Caserta. Il sodalizio, descritto in atti giudiziari come associazione che ha mutuato le caratteristiche delle organizzazioni mafiose di origine siciliana, è tutt’ora vitale, nonostante gli arresti e la collaborazione con la giustizia di elementi di vertice”.