“Il tasso di disoccupazione in Italia è sceso all’11,2% nell’aprile 2018, ma resta il terzo più alto tra i Paesi dell’Ocse”. Secondo l’Organizzazione, inoltre, “i salari reali sono scesi dell’1,1% tra il quarto trimestre 2016 e il quarto trimestre 2017″ a causa della “stagnazione della produttività e una percentuale significativa di lavoratori a basso reddito con contratti temporaneie/o part-time involontario”.
L’Ocse registra un alto livello di insicurezza per quanto riguarda il mercato del lavoro, la cui situazione è “migliorata negli ultimi anni, ma più lentamente che in altri Paesi”. “La performance del mercato del lavoro italiano è al di sotto della media Ocse in tutti gli indicatori, tranne per quanto riguarda la qualità del reddito da lavoro”, si legge inoltre nelle prospettive 2018 sull’Occupazione.
Ocse, i dati in chiaroscuro sul lavoro in Italia
“Non sorprende che, dato l’ancora elevato tasso di disoccupazione e l’incidenza di contratti a termine, il livello d’insicurezza nel mercato del lavoro (la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito) sia il quarto più alto tra i Paesi Ocse dopo Grecia, Spagna e Turchia”. L’occupazione in percentuale della popolazione tra i 15 e i 74 anni “è aumentata di 2,3 punti percentuali dal livello più basso nel 2013, arrivando al 50,9% e tornando quasi al livello pre-crisi (51%)”. E la tendenza positiva “continuerà nei prossimi due anni”.
Preoccupa la povertà
Brutti segnali, poi, per quanto riguardo la povertà che in Italia “è aumentata: il 13,6% delle persone in età lavorativa vive in famiglie con un reddito inferiore al 50% del reddito medio. Erano il 10,7% nel 2006”. E meno di un disoccupato su dieci riceveva il sussidio di disoccupazione nel 2016: “Ciò deriva dalla combinazione di un’alta percentuale di disoccupati di lungo periodo e di una durata massima del sussidio relativamente bassa”.
Un po’ ossigeno, spiega poi l’Ocse, arriverà “con l’entrata a pieno regime della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nel Jobs Act. La creazione dell’Anpal è stata un passo importante, ma l’Italia deve continuare a investire nelle politiche attive“.