Un appello on line per sollecitare il presidente del Consiglio regionale della Sardegna ad intervenire per risolvere i problemi che vivono del pazienti dell’ospedale Businco. È questa l’iniziativa “Tumori Femminili e Sport: Un calcio al cancro“, organizzata dalla Fondazione Taccia e dalla Fidap, che ha raccolto 17.700 firme in 10 giorni.
Tra le principali richieste avanzate dalle donne partecipanti all’evento spiccano: la riduzione dei tempi di attesa delle diagnosi, disponibilità delle sale operatorie dell’ospedale ‘Brotzu’, ampliamento degli spazi per la chemioterapia e il potenziamento del team di supporto psicologico e sociale e la riapertura del bar.
Le partecipanti denunciano nel documento che “negli ultimi 4 anni la situazione del Businco, con particolare riferimento alle problematiche dei tumori femminili ovaio, endometrio e seno, è peggiorata. Si è proceduto con un accorpamento all’Azienda Ospedaliera Brotzu che, senza un’organizzazione adeguata, ha determinato un impoverimento della qualità delle prestazioni”.
Non solo è stato “smantellato il reparto di riferimento per la cura del tumore alla mammella (Chirurgia Sperimentale) che nel Businco aveva espresso professionalità riconosciute a livello nazionale per il tumore al seno e umanità apprezzata dalle pazienti”, ma le medesime limitazione nell’uso delle “Sale Operatorie destinate alla Ginecologia Oncologica e alla Senologia non consentono di soddisfare in tempi adeguati la sempre crescente richiesta di interventi chirurgici programmati”, si legge nella petizione.
“Nonostante il Businco sia il principale punto di riferimento regionale per le malattie tumorali – affermano le donne – per ottenere una diagnosi le donne devono aspettare 40/50 giorni”. Da non sottovalutare, infine, il disagio provocato dall’inefficienza delle sale operatorie del Businco, spesso utilizzate “da altre strutture ospedaliere per emergenze che provocano gravi disagi alle pazienti in lista d’attesa”. “La rianimazione spesso è inutilizzabile dalle pazienti che hanno subito un intervento chirurgico maggiore”, motiva ancora una volta la petizione.