Il palazzo di Giustizia di Bari è stato dichiarato inagibile. Così, sono cominciate nelle tensostrutture , le udienze di rinvio dei processi ordinari. Bagni chimici all’ingresso e un totem con le indicazioni delle aule d’udienza allestite in tre tendoni montati sul parcheggio sterrato. Poi, un gazebo giallo affidato ai carabinieri per provvedere ai controlli di sicurezza. È questo lo scenario che si prospetta davanti a tecnici, giudici e avvocati del capoluogo pugliese.
La giustizia vittima delle burocrazia: le dichirazioni dei giudici
Delle tre tende, solo una (la più grande) è refrigerata dall’aria condizionata. Nelle tende più piccoli (di 75mq l’una) non c’è alcun condizionatore. La protesta delle istituzioni, infatti, non è bastata ad accelerare i lavori di ristrutturazione dei locali del palazzo di Giustizia. “Non avremmo mai voluto celebrare una udienza sotto una tenda della Protezione civile”, si può leggere su un cartello all’ingresso. La frase è stata firmata dai giudici presidenti delle sezioni penali che si dichiarano ‘vittime’ di un terremoto burocratico.
Legnini: “Le tendopoli non sono da Paese civile”
Il vicepresidente del CSM, Giovanni Legnini, è intervenuto in merito alla vicenda da Maglie, cittadina del Salento dove si trovava questa mattina. “Oggi pomeriggio verificherò a Bari la situazione con i capi degli uffici giudiziari e i rappresentati delle istituzioni”, ha affermato Legnini, dicendosi fortemente contrario all’utilizzo delle tende.
Legnini, infatti, ha invocato una ‘soluzione dignitosa‘ per far fronte ad una tale emergenza. Del resto, come ha ricordato il presidente, Bari è al centro della lotta alla criminalità organizzata. Non può permettersi di svolgere udienze di importanza primaria in una tendopoli. Proprio sulle tensostrutture, incalzato da un giornalista, Legnini ha risposto: “Soluzioni del genere a lungo termini non sono da paese civile”.