Chi era David Rossi? I fatti di cronaca riportano del suo suicidio, a seguito di un’improvvisa perquisizione nel momento cruciale in cui la Monte dei Paschi di Siena stava per acquisire l’Antonveneta. David Rossi era il capo della comunicazione della Monte dei Paschi di Siena e la sua morte/suicidio ancora rimane un mistero. Il mistero è dei suoi familiari, della compagna Antonella Tognazzi e della figlia Carolina Orlandi, non per la giustizia che ha archiviato il caso con l’ipotesi di istigazione al suicidio. David Rossi il 6 marzo del 2013 precipita da una finestra della sede della banca a Rocca Salimbeni, nel capoluogo toscano, e in quel momento nella vita di Carolina, allora appena ventenne, fa breccia un senso di impotenza, mista a dolore, mista a confusione, mista a rabbia.
“Se tu potessi vedermi ora” a metà tra giallo e biografia
Carolina Orlandi dopo tre anni cerca di elaborare la vicenda in maniera intima e personale usando la scrittura, sua atavica passione, per esorcizzare e curare quella ferita aperta. Inizia così a buttare giù i suoi ricordi in un memoir, “Se tu potessi vedermi ora”, che intreccia i suoi ricordi di figlia ai fatti reali e oggettivi che condussero poi alla morte/omicidio di David Rossi per restituirgli dignità in quanto uomo e tratteggiarne allo stesso tempo un ritratto per chi non l’ha conosciuto. “Ho scritto questo libro perché volevo fissare tutti gli elementi della vicenda e tutte le mancanze che ci sono state in questa indagine e allo stesso tempo però mostrare il David-persona. Mi faceva rabbia – spiega Carolina Orlandi – che tutti si ricordassero di lui soltanto per il suo epilogo. Ho voluto inoltre fortemente che emergesse il nostro quadro familiare perché spesso i titoli di cronaca e le perizie distaccano molto le persone dalla storia che c’è dietro. Ho cercato quindi di mantenere insieme il registro del giallo e il registro biografico semplicemente perché nei miei ricordi si confondono”.
“Se tu potessi vedermi ora” si è trasformato con il tempo anche in cura per l’anima di Carolina: “Per iniziare a scrivere ho dovuto fare ordine nei miei ricordi – racconta – provando ad aprire e svuotare uno per uno i cassetti della mia memoria. E’ stato un processo liberatorio e terapeutico. In questo libro c’è tanto di me e per una volta ho lasciato che il mio lato vulnerabile venisse fuori. Essere vulnerabile quasi mi sembrava una perdita di tempo perché dovevo essere sempre forte e pronta. Invece quando ho capito il valore del lasciarsi andare è nato questo libro”.
David Rossi e Carolina Orlandi
David Rossi e Carolina Orlandi non erano uniti da un legame padre-figlia di quelli classici, avvicinati piuttosto da un’affinità elettiva dettata dal gusto per la lettura e la scrittura. Carolina conobbe David Rossi a sei anni quando iniziò la sua relazione con la madre: “Mi piace definire la mia famiglia come un nucleo molto particolare e ho sempre pensato di aver avuto la fortuna di essere circondata da due padri e due madri, tutti e quattro straordinari. David non aveva dimestichezza con i bambini – ricorda – ma, nonostante ciò, cercava dei momenti per interagire con me. Da qui nacque il nostro affetto, discutendo di letteratura, arte e attualità: David era la mia guida culturale, per così dire. Tanti anni fa, per curiosità personale – ricorda-, gli chiesi quali fossero i passaggi per cui una persona arrivasse a scrivere un libro. Lui mi rispose che prima di tutto bisogna avere qualcosa da raccontare. Molti anni dopo non avrei mai immaginato e mai voluto che quella storia da raccontare sarebbe arrivata così presto”.
Gli ultimi giorni di David sono stati terribili, vissuti nella paura di essere seguito, intercettato, perseguitato. “Ricordo che nei giorni precedenti era spaventato più che preoccupato, era terrorizzato da qualcosa che evidentemente non poteva dirci”.
E’ una storia paradossale che coinvolge un po’ tutti perché “io dico sempre – sottolinea Carolina – che non ci si deve interessare a questo caso perché è una storia assurda e basta, ma perché potrebbe succedere a chiunque altro. Bisogna prendere consapevolezza che potrebbe capitare in qualsiasi momento di trovarsi in un paradosso di questo tipo, lottare contro la giustizia per avere giustizia”.
Purtroppo l’urlo di Carolina non ha raggiunto tutte le orecchie che avrebbe sperato: “Da parte chi speravo parlasse, non ho avuto grandi risposte. D’altra parte – sottolinea – ho incontrato tantissima gente che mi ha manifestato un grande affetto e un grande sostegno e questo per me è nutrimento perché mi rende molto più forte il sapere di non essere da sola”.
Attualmente sono state riaperte due inchieste: una per diffamazione nei confronti del Le Iene, che hanno seguito la vicenda scandagliando ogni dettaglio utile a far emergere la verità, e una per indagare sull’operato dei magistrati di Siena ma “c’è da dire che anche se venisse appurato che i magistrati non hanno svolto correttamente il loro lavoro – sottolinea Carolina – non necessariamente verrà riaperto il fascicolo su David”.
Una vittoria a metà quella di Antonella Tognazzi e Carolina Orlandi: “Penso che anche se questa storia verrà ricordata come uno dei tanti casi irrisolti italiani vuol dire che anche tutto quello che abbiamo fatto è servito per fissarla nella memoria collettiva. Ovviamente però non ce lo facciamo bastare”.
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In foto Carolina Orlandi e la fotografa Letizia Battaglia.
Gallery a cura di Valentina Grasso