Ad ascoltarlo ci sono una manciata di dipendenti e stretti collaboratori. Quando Paolo Gentiloni fa il suo ingresso, si lasciano andare ad un lungo applauso. Sono visibilmente emozionati. Infatti, quando l’illustre inquilino del palazzo finisce di parlare, applaudono di nuovo. Anche lui è commosso, Paolo Gentiloni. Ѐ lusingato dal clamore che la ‘sua‘ platea gli sta dedicando. Perché quella non è certo una platea qualunque. Ѐ lo staff di Palazzo Chigi, è un’èquipe dalla cui professionalità il Presidente si dice profondamente colpito.
I 529 giorni del suo governo si sono conclusi. Per questo commosso addio a Palazzo Chigi, Gentiloni li ha riuniti tutti. Vuole ringraziarli così del prezioso aiuto, vuole augurare loro buon lavoro con il prossimo inquilino.
Il monito del Presidente al prossimo inquilino: “Non dilapidate il lavoro fatto”
Le prime parole sono tutte di commozione. “Ѐ stato un grandissimo onore per me servire l’Italia qui da Palazzo Chigi”, esordisce il premier uscente. Poi, rivolge il pensiero al futuro, a quei ‘prossimi anni’ che lo vedranno all’opposizione, mentre i suoi collaboratori – Gentiloni è sicuro – svolgeranno un ottimo lavoro con i successivi padroni di casa.
Ed è proprio all’esecutivo nascente che l’ex premier rivolge il suo monito. “Bisogna stare attenti a non dilapidare il lavoro fatto”, tuona con fermezza. Ѐ facile interpretare quali siano i diretti destinatari di queste parole. Gentiloni prosegue. Evoca la ‘china‘ che l’Italia ha risalito negli scorsi cinque anni. Sa che non è stato semplice. A questa stessa strada, poi, vorrebbe indirizzare i suoi successori, verso una risalita che è ancora tutta da compiere. “Purtroppo ad andare fuori strada non servono cinque anni ma pochi mesi, a volte poche settimane”, dichiara, solenne e convinto. Non vuole entrare nel merito, Paolo Gentiloni, che è stato – per anni – maestro di discrezione. Il suo approccio, fermo e diretto, resta fortemente istituzionale. Eppure, la sua voce tradisce emozione. “Credo sia l’unico messaggio che è giusto mandare al governo che nei prossimi giorni sostituirà quello che io ho presieduto”, conclude, rivolto al designato esecutivo grillo-leghista. Poi, volta la pagina. Tirare le rendini e tessere un bilancio del passato è necessario, se non doveroso.
Il bilancio degli ultimi 5 anni e l’ironia ‘discreta’ di Gentiloni: “Nessuna stanza dei bottoni a Palazzo Chigi”
Analizzare l’operato della XVII legislatura non è certo un lavoro da poco. E il premier uscente lo sa. Lui, che a Palazzo Chigi, ci è entrato in punta di piedi, quasi senza voler disturbare nessuno, ci tiene a ribadire tutto il suo impegno. Parla di rabbia, di disagio, ma anche di ‘ferite ancora aperte‘ e di cicatrici.
Riassume quella legislatura nata con Letta in circostanze di certo non favorevoli. Quasi un eufemismo. “Penso che a cinque anni si possa dir che comunque la si pensi dal punto di vista politico in ogni modo lasciamo un Paese con più crescita, con più lavoro, con più diritti”. Così afferma Gentiloni. Discreto ma diretto, si diceva. Ed è persino ironico, il Presidente, quando afferma di non aver trovato nessuna stanza dei bottoni, dentro Palazzo Chigi. E i suoi colloboratori, commossi, lasciano andare qualche risata. Applaudono ancora, quando Gentiloni finisce. “Oh, in bocca al lupo”, conclude il premier prima di congedarsi. E i dipendenti di Palazzo Chigi continuano ad applaudire. Sono pensierosi. Chissà a cosa pensano. Forse si chiedono se saranno altrettanto commossi quando saluterano Giuseppe Conte.