Alcuni la volevano a porte chiuse. Ma gli eurodeputati non potevano permettere che un’audizione di quella portata perdesse la tanto inflazionata ‘trasparenza‘ che l’ha resa necessaria. Quindi, niente discrezione e niente privacy, per il numero uno di Facebook (e, purtroppo, di datagate). L’incontro va addirittura in diretta streaming. Fortune del web e successi di Facebook.
Sono le 18:20 del 22 maggio. Mark Zuckerberg (finalmente) è a Bruxelles, al cospetto della platea più prestigiosa d’Europa che, da un mese ormai, lo vuole sul banco dei testimoni. Tajani ce l’ha fatta. Il ceo più discusso (e più famoso) di sempre, è seduto accanto a lui. Certo, siamo lontani dalla pompa magna che ha contrassegnato l’audizione di re Zuck a Capitol Hill. L’atteso vertice – nonostante l’hype dei giorni scorsi – è quasi passato in sordina. Ma si sa che, a fare rumore, gli americani sono sempre più bravi.
Ad attenderlo, a Rue de la Loi, c’è una miriade di cronisti. Difficile dire se sono più o meno di quelli di Washington. Ad ogni modo, Zuck ha fatto i compiti a casa. Sa già che dovrà rispondere a tante domande. Sorride ai giornalisti e tace. Non c’è tempo per nessuna dichiarazione, Tajani lo aspetta.
Il primo step, infatti, è proprio un faccia-a-faccia tra i due numeri uno. Il re di Facebook di fronte al padrone di casa, il Presidente Tajani. Dopo Washington, Zuckerberg è quasi sollevato. Sa bene che difficilmente subirà di nuovo l’improbabile torchio a cui l’hanno costretto in Campidoglio. Tajani, invece, è visibilmente emozionato. Per il presidente dell’europarlamento, è in gioco (addirittura) la democrazia. E, a Bruxelles, che ‘è-in-gioco-la-democrazia‘ lo ripetono dal day-after di Cambridge Analytica, quando il titolo di Facebook scendeva in picchiata a Wall Street. Oggi gli incubi, a Menlo Park, sono finiti. San Josè ha superato la tempesta, più o meno indenne. Quella di Bruxelles, per Zuck, è quasi una formalità. Per Tajani, invece, è un confronto prezioso. Un confronto a cui Zuckerberg aveva la “responsabilità di presentarsi”.
Tutto, dunque, inizia con il monito del Presidente sulla democrazia che non può – e non deve – essere considerata ‘questione di marketing’. Tutto, dunque, lascia presagire che i deputati di Bruxelles si siano preparati molto meglio di quelli di Washington.
Siamo davvero lontani da Capitol Hill. E non solo perché Rue de la Loi assomiglia poco alla Constitution Avenue. Anche Zuckerberg è meno nervoso. Certo, oltreoceano, ha meno da perdere. Ѐ chiaro, l’Europa per Facebook è un mercato importante, ma nessuno ha mai messo in dubbio il protagonismo di Menlo Park tra i social del vecchio continente. Zuck lo sa benissimo. “Ci scusiamo dei nostri errori”, esordisce infatti. Ed è solo con queste parole che ci sembra di avere un dejavu.
Sul tavolo di Bruxelles, ci sono tanti temi caldi. C’è la Russia, anzi il cosiddetto famigerato Russiagate che, con lo scandalo Facebook ha avuto fin troppi punti in comune. Ci sono le stracitate fake news che, peraltro, ricadono essenzialmente in categoria ‘Russiagate‘. C’è il delicatissimo fronte della privacy e tutte le contromisure resesi necessarie. Salta dentro anche la primissima reazione di Facebook a datagate, il cosiddetto ‘shortcut‘ annunciato lo scorso 28 marzo. Insomma, sul tavolo di Bruxelles, c’è ogni tassello del puzzle di Cambridge Analytica.
Tra i più feroci, Guy Verhofstadt, sfiora una nota dolentissima per i vertici di Facebook. “Avanti, ci faccia un esempio”, esordisce il leader del gruppo Alde con tono provocatorio. “Ci spieghi perché non siete un monopolio”, tuona diretto al ceo. Ed è evidente, la richiesta allude all’acquisizione (da parte di Facebook) di altri due giganti dei social, ormai burattini nelle mani di Menlo Park, WhatsApp e Instagram. Come si presumeva, Zuck è preparatissimo. Anche nella mimica, i tempi di Capitol Hill sono lontani. “Vediamo competitors ovunque”, risponde tempestivo e precisa: “Viviamo in uno spazio altamente competitivo”. Quello che il re rivendica è il modello advertising, un settore dove Facebook rappresenta solo il 6% del mercato globale. E, dunque, se dice ‘altamente competitivo‘, possiamo dargli ragione.
Gli eurodeputati, però, sembrano volere di più. Era chiaro da giorni, del resto, che sull’euro-audizione pendesse l’ombra del famigerato GDPR. Ma anche su questo, Mark mette le mani avanti e assicura che sarà totalmente ‘compliant‘ dei criteri del regolamento sulla protezione dei dati. Insomma, sui temi critici, nessuno a Washington aveva fatto vacillare veramente Zuckerberg. Ora che siamo a Bruxelles, nonostante le eloquenti minacce dei deputati che, solo ieri, twittavano ‘citizen deserves answers (i cittadini meritano risposta)’, sembra che si stia registrando lo stesso successo. Non possono ancora brindare, però, i programmatori di Menlo Park. C’è ancora l’ostacolo-Macron da superare.