Siamo a Marina di Lesina, nel Foggiano. Oggi, proprio qui si è svelato, di fronte ai carabinieri del nucleo investigativo, un casolare-lager in cui 10 ragazze bulgare venivano segregate e costrette a prostituirsi. Il comando provinciale di Foggia ha già arrestato sei persone (un italiano e 5 cittadini bulgari), a cui vengono contestati i reati di induzione, sfruttamento e favoreggiamento alla prostituzione. Si indaga, invece, sull’ipotesi di riduzione in schiavitù.
I 6 aguzzini e il casolare-lager: nessuna finestra e pochi metri quadri
L’italiano in arresto si chiama Emanuele Nazzareno Parigino. Ha 73 anni ed è il proprietario del casolare, adibito a vero campo di sfruttamento. Tra i cinque bulgari, 3 sono donne. Il famigerato casolare che gestivano era circondato da filo spinato. Dentro, baracche fatiscenti adibite a celle dove le ragazze erano internate, impossibilitate ad allontanarsi e tenute sotto stretta sorveglianza dai loro aguzzini. Insomma, un copione da Auschwitz. Le prigioniere vivevano, infatti, in condizioni igieniche proibitive ed erano chiuse, dall’esterno, con lucchetti. Dentro le stanze, nessuna finestra. C’era una solo luce e una stufa. Pochi metri quadre per condannarle ad una prigionia senza scampo, da cui erano ‘libere’ solo quando – sotto scorta – erano in strada a lavorare.
Il coraggio di una 20enne bulgara: una storia di inganni e violenza
Questa tragedia emerge grazie al coraggio di una 20enne bulgara che, approffitando del passaggio di un cliente, si era presentata ai carabinieri a cui ha raccontato la sua storia e quella delle amiche. Una storia di disagio economico, di necessità, di promesse e di inganno. Una storia che ha portato la giovane lontano dal suo paese d’origine, attirata dalla promessa di un lavoro da collobratrice domestica ben pagata, al di qua dell’Adriatico. In Italia, però, la giovane ha trovato un connazionale che l’ha derubata, picchiata e minacciata. Poi, le ha svelato la verità: prostituzione e detenzione in un casolare ai limiti dell’umanità. La giovane ha, infine, rivelato agli inquirenti l’ennesimo dettaglio inquietante. Una prassi che esaspera un racconto già drammatico. Se una delle ragazze non totalizzava almeno 100 euro al giorno, veniva picchiata con una mazza.