L’Uganda è un paese importante per la stabilità dell’Africa Centrale ed Orientale. È purtroppo circondata da paesi in guerra o profondamente instabili ed ospita attualmente oltre un milione di rifugiati. L’Uganda ha un passato profondamente turbolento.Il dittatore Idi Amin prese il controllo del paese nel 1971, lo governò fino al 1979 e massacrò 300.000 oppositori politici, oltre ad espellere dalla nazione decine di migliaia di imprenditori e commercianti di origine indiana.
Successivamente i guerriglieri del LRA (Lord Resistance Army), tra cui molti bambini-soldato, hanno terrorizzato per anni il nord del paese, costringendo tre milioni e mezzo di persone ad abbandonare le proprie case, prima della loro sconfitta da parte dell’esercito governativo. Dal 1986 l’Uganda è governata dal presidente Yoweri Museveni, uno dei leader del colpo di stato che ha deposto Amin nel 1979. Gli anni di violenze da parte del LRA e le guerre civili degli anni settanta e ottanta hanno creato nell’attuale leadership ugandese una forte simpatia nei confronti delle sofferenze dei rifugiati.
Molti leader politici ugandesi sono stati essi stessi dei rifugiati nel passato: per esempio il presidente Museveni ha dovuto abbandonare il paese per ben due volte nel corso della propria vita. Un ministro del suo governo è vissuto per anni in una tenda del Lutheran Relief Service. Oggi l’Uganda è lodata dall’Onu per la propria legge sull’accoglienza dei rifugiati, una delle più progressiste al mondo; il paese ospita la terza più grande popolazione di rifugiati al mondo, essendo superato in questa classifica solo da Turchia e Pakistan. Il milione e mezzo di rifugiati che oggi risiede in Uganda proviene in gran parte da tre stati vicini: il Sudan del Sud, la Repubblica Democratica del Congo e il Burundi.
Il governo ugandese permette a questi rifugiati di utilizzare i sistemi scolastico e sanitario nazionali, di avere permessi per poter lavorare legalmente nel paese, e distribuisce addirittura a molti di loro degli appezzamenti di terra da coltivare nel nord del paese. Tutto rose e fiori, dunque? No, perché siamo pur sempre in Africa, il continente più povero e politicamente instabile al mondo. La stabilità dell’Uganda è innanzitutto minacciata dall’esplosione demografica nel paese. Oggi gli ugandesi sono circa 40 milioni. Secondo le stime dell’Onu, potrebbero diventare 80 milioni nel 2040. In media, le donne ugandesi danno alla luce sei figli e dunque questo paese ha uno dei tassi di natalità più elevati al mondo.
I servizi pubblici non riescono a star dietro a questo aumento esponenziale della popolazione, incoraggiato anche dalle politiche nataliste del presidente Museveni, convinto che ”La gente è la nostra forza”. Dal punto di vista economico il Pil ugandese è cresciuto nel 2016 del 4,6%, performance che a noi italiani potrebbe sembrare invidiabile; tuttavia la base di partenza è molto più povera (il 70% degli ugandesi vive con meno di due dollari al giorno) e si tratta peraltro di numeri in diminuzione rispetto al passato, visto che fra il 2000 e il 2010 il Pil dell’Uganda era cresciuto in media del 7% all’anno.
Dal punto di vista politico, il presidente Museveni, pur in carica da 32 anni, non pare avere alcuna intenzione di abbandonare il potere; nel dicembre 2017 ha fatto approvare un cambiamento costituzionale che gli permetterà di restare in carica a vita, cosa che ha provocato le rabbiose proteste di molti giovani nella capitale Kampala. L’Africa è già tormentata da molte crisi politiche e guerre civili, dalla Repubblica Centrafricana alla Somalia, dalla Nigeria al Congo; speriamo che almeno l’Uganda riesca a mantenere la propria relativa stabilità.